Allenamento? Certamente sì, ma anche per gli allenatori! |
Prendendo spunto da un
articolo “l’allenamento per gli
allenatori” di Aldo
Zerbini su la rivista “L’allenatore” del 03/2005, ho
ripreso, sviluppato ed integrato alcuni contenuti per adattarli alle esigenze della disciplina del
Pentathlon Moderno. Con la mia esperienza e l’analisi di questi concetti
propongo una formula “allenante” per i tecnici che, a qualsiasi livello, si prefiggono di allenare. Affermare che un “allenatore si allena per allenare al
meglio” non è una frase retorica ma, al contrario, sancisce
che l’allenamento deve necessariamente accompagnare la naturale evoluzione
della attività del tecnico sportivo. E’ inconfutabile che un
allenatore, sia che alleni squadre nazionali o categorie di giovanissimi,
è sottoposto ad un intenso coinvolgimento psicologico e nervoso e pertanto
si può parlare di effettiva “prestazione emotiva”.
L’allenatore è da considerare un “atleta” speciale perché
nell’espletamento della sua
attività sono implicati numerosissimi fattori, razionali ed irrazionali.
Il suo ruolo presuppone una relazione con l’esterno a molteplici livelli e
perciò è obbligato ad avere una solida struttura psicologica, versatile
ed elastica, quanto più
resistente possibile ai vari fattori di stress, rappresentati dalla somma
degli stimoli esterni a cui il tecnico viene sottoposto.
L’allenatore deve saper
vivere psicologicamente il ruolo che egli stesso ricopre, i diversi
settori con cui si deve relazionare ed il gruppo nelle sue complesse
dinamiche. Quindi, come tutti gli atleti, se vuole aspirare ad avere
risultati positivi e di successo deve allenarsi. Ma come si allenano i nostri tecnici?
Cosa fanno per raggiungere la “forma” e mantenerla? Altro aspetto importante è
la vita privata ed i valori di un tecnico incidono in misura determinante sulla sua
prestazione. E’ fondamentale,
quindi, non trascurare la sfera affettiva, ma avere
degli spazi per stare con la propria famiglia, (come si dice in gergo “staccare la
spina”), per rinvigorirsi e rinsaldare i propri legami affettivi che
fortificano e rendono più stabili e sicuri. Si può affermare con certezza
che un allenatore che segue un modello di vita da “Sportivo”
è una persona più credibile essendo importante l’immagine che egli da di
sé unita alla percezione che gli individui colgono osservandolo nella sua
valida motricità corporea come esempio da emulare e da raggiungere (credereste ad un medico che fuma
quando vi dice che il fumo fa male?). Altro aspetto importante è
la memoria delle esperienze
che si ottiene con l’osservazione e l’analisi degli eventi per raccogliere
dei dati che una volta analizzati, studiati ed approfonditi saranno capaci
di migliorare ed integrare i sistemi di allenamento che il tecnico propone
come modelli ai propri
atleti. A tal fine è consigliabile fare una relazione di fine stagione ed
abituarsi a prendere appunti in ogni allenamento. Tra le note personali riportare
la domanda d’obbligo: “dove ho (o… posso) aver
sbagliato?” Un allenatore ha l’obbligo di studiare ed
aggiornarsi in maniera continua altrimenti sarebbe impossibile
educare ed istruire correttamente allo sport le nuove generazioni di
atleti che si pretendono di allenare. Le stesse Federazioni dovrebbero
promuovere l’organizzazione di stage mirati alla formazione e al perfezionamento del tecnico. A tal fine, gli attestati di
frequenza devono diventare parte obbligatoria del curriculum di un
tecnico. Riunire gli allenatori significa anche farli interagire
direttamente, facilitando lo scambio di esperienze e di idee; discutere su
come rapportarsi con gli atleti, esporre nuovi modelli di preparazione,
nuove nozioni tecnico-tattiche, formulare criteri di valutazione
degli atleti, analizzare le
modalità comunicative. Questi ed altri temi potrebbero costituire un buon
programma di lavoro. Anche la pratica sportiva sarebbe di grande
aiuto al tecnico; allenarsi, secondo le proprie possibilità, provare personalmente
la fatica, disputare anche gare a livello amatoriali per confrontarsi
fisicamente e mentalmente con atleti di pari destrezza, renderebbe il
tecnico più realista, più tollerante agli errori sviluppando una
percezione più realistica della fatica e degli sforzi che si chiedono ai propri atleti.
L’allenamento Mentale
rappresenta l’aspetto fondamentale per l’allenatore, una speciale
palestra, composta da tecniche psicologiche mirate alla gestione dei propri stati interiori
e al controllo dei comportamenti esterni. Le abilità interne,
consapevoli ed inconsapevoli, da acquisire e/o da rinforzare, si possono
distinguere in due diversi
insiemi: di tipo cognitivo e
di tipo affettivo. Un valido
test psicologico potrebbe
fornire un quadro più completo. L’allenamento vero e proprio consisterà
nel simulare situazioni cruciali, in cui ci si potrà trovare nel corso di
una stagione. Seguendo il criterio spazio-temporale si può iniziare
col: 1) simulare il primo
giorno di raduno nazionale e chiedere agli allenatori che tipo di
emozioni provano; in seguito,
sviluppare una serie di obiettivi da perseguire, stabilire le regole di
comportamento (patti interni) e come comunicare in modo autorevole le
proprie decisioni al collettivo. Allenarsi all’ansia di base ed alla
motivazione di fondo costituiscono i primi scopi. 2) Rappresentarsi
mentalmente le tipologie di allenamento.
3) Simulare mentalmente
il primo appuntamento
agonistico importante (nazionale o internazionale) annunciando agli
atleti la squadra decisa. Il
linguaggio da adottare con gli atleti, con tutte le sue sfumature,
svolge un ruolo decisivo almeno sotto due aspetti: la comunicazione, intesa come capire ed essere capiti, e il grado di autorevolezza che si raggiungerà
nei confronti degli atleti. E’ fondamentale, quindi, parlare un linguaggio comune. 4) Nel corso di un allenamento disporre
aggiustamenti tecnici (questo tipo di decisioni, oltre ad essere
stimolanti ed allenanti, ci mostrano il carattere e l’autorevolezza del
tecnico, le sue capacità empatiche).
5) Abituarsi al
conflitto interiore tra ciò che si è fatto e ciò che si poteva fare.
Solo un buon colloquio con se stessi è positivo per mantenere l’autostima.
6) Come vivere la
vigilia di una gara e quindi cosa fare per sostenere la
concentrazione, ed presentarsi con l’umore adeguato alla performance (del
tecnico) richiesta. 7) Esercitarsi nella
comunicazione verbale e gestuale per indicare cambiamenti tattici, di
ritmo e così via, come se si fosse veramente in gara. Soprattutto nel Pentathlon ogni disciplina ha il
suo “gergo” e i suoi gesti.
8) Immedesimarsi nella
situazione tra gli intervalli delle singole prove, e a seconda del
risultato ipotizzato, esprimere gli argomenti da sostenere.
9) Sottoporsi ad una
serie di errori arbitrali (per esempio nella scherma) e focalizzare i
propri stati d’animo per esercitare
l’autocontrollo dell’aggressività. Una buona gestione delle proprie
razioni emotive potranno aiutare realmente l’atleta vittima dell’errore
arbitrale. 10) Calarsi emotivamente
nelle ultime fasi della gara e “sentire” i timori (sconfitta/vittoria
– buona/cattiva performance dei propri atleti) che si fanno strada nei
propri pensieri e allo stesso tempo assalgono l’atleta che in caso di
bisogno deve essere supportato validamente dal proprio allenatore.
11) Pensare di vivere il
clima dopo una prestazione deludente e trovare le parole per
l’occasione (abilità relazionale). 12) Prepararsi per discutere con il gruppo,
pensare al metodo di approccio e ai contenuti adeguati (dimostrazione di
personalità). Gli argomenti fin qui
trattati rappresentano solo una parte dei temi e delle situazioni critiche
allenanti con cui gli allenatori dovranno esercitarsi per ottimizzare la
loro ”prestazione”. Da non
sottovalutare che può essere motivo di tensione per gli atleti una
eccessiva differenza da parte del
tecnico tra l’atteggiamento durante gli allenamenti e quello in
gara. Il comportamento tenuto
dall’allenatore nei diversi momenti, dovrebbe avere il carattere
della continuità, evitando una plateale discrepanza che confonderebbe non poco
l’atleta togliendogli sicurezza e tranquillità. Quindi, da quando sopra
esposto si evince che mentre un allenatore dirige un allenamento o segue
una competizione, allena e guida anche se stesso. La funzione di più tecnici al seguito, come può
essere per le multidiscipline del Pentathlon, è positiva solo se non
saranno doppioni ridondanti dell’Allenatore responsabile (“commissario tecnico”), osservando la
prestazione da altre angolazioni utili per una critica ed un analisi
costruttiva. Così facendo viene a costituirsi un nucleo di specialisti in
percezioni-elaborazioni-sintesi delle varie prove, le più congrue e
massimamente tempestive (durante la competizione). Chi svolge questa
professione, a qualsiasi livello, ha pertanto il dovere di essere
“allenato”, acquisendo cultura e accumulando informazioni scientifiche
nella consapevolezza che l’alta formazione non toglie spazio alla passione
e all’intuito creativo, anzi. Il compito, l’obiettivo degli allenatori non
è solo quello di “vincere”, ma soprattutto favorire il progresso
qualitativo del Pentathlon
Moderno e dello sport in
generale. Gianni Caldarone |