IMPARIAMO AD ANDARE A CAVALLO

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Tutti i segreti per cavalcare in modo corretto

CINZIA MARIA BARBAN

L'equitazione è l'ultima prova di una competizione di pentathlon, l'unica il cui successo non dipende soltanto dalla bravura dell'atleta, ma anche dal rapporto che I'atleta stesso riesce ad instaurare con il cavallo. Considerato che l'atleta in gara ha solo 20 minuti di tempo per far conoscenza con il cavallo sorteggiato, si può facilmente capire quanto importante sia la preparazione tecnica del cavaliere per far funzionare il binomio uomo-cavallo.

 L'equitazione è l'ultima delle cinque prove in una competizione di Pentathlon ed è l'unica dove il risultato è subordinato non solo alle qualità fisiche, tattiche e tecniche dell'atleta, ma anche al rapporto che quest'ultimo riesce a instaurare con il cavallo.

Tenendo conto che il cavallo viene assegnato tramite estrazione ed il cavaliere ha solo 20' di tempo per conoscerlo è fondamentale che la sua preparazione tecnica sia la migliore possibile per permettere che il binomio uomo-cavallo ottenga ottimi risultati.

Per un atleta che si avvicina per la prima volta a questa disciplina, è fondamentale conoscere bene il cavallo in tutte le sue parti ed esigenze per fare in modo che egli vinca il naturale timore che l'animale incute.

È bene quindi che l'atleta prenda conoscenza con l'imboccatura, la sella e tutti quegli accessori che ci permettono di montare a cavallo.

L'ASSETTO DEL CAVALIERE

La testa e il busto del cavaliere devono risultare perpendicolari al cavallo in modo naturale, le spalle vanno tenute indietro, ben aperte ma non rilassate per non squilibrare con il proprio peso l'animale e per mantenere il cavaliere in una posizione fisica idonea a ripartire con prontezza gli ordini. Lo stesso dicasi per le reni che se risultassero eccessivamente molli, priverebbero il cavaliere di un aiuto fondamen­tale. Le reni vanno tenute sostenute in modo da consentire al cavaliere di spingere verso il basso, facendo delle ginocchia un punto di forza da dove trasmettere all'animale gli impulsi desiderati. 

LE GAMBE

Le gambe vanno tenute con le ginocchia attaccate ai quartiere della sella, la punta del piede deve rimanere rivolta senza sforzo in avanti mentre il tallone andrà a spingere verso il basso.

Spetta alle gambe impartire gli impulsi al cavallo, per questo motivo non debbono sbilanciarsi né avanti, né indietro, ma mantenersi sempre in posizione corretta per trasmettere celermente e con la massima precisione gli ordini. L'azione delle gambe si manifesta attraverso una pressione dei polpacci. Vanno evitati i comandi bruschi che possono sorprendere il cavallo, ma se esso esita ad avanzare, occorrerrà lavorare energicamente sia con i polpacci che con i talloni.

 LE MANI E LE BRACCIA

Le braccia devono cadere naturalmente con i gomiti leggermente vicini al busto, bisogna evitare qualsiasi atteggiamento di rigidità.
Le mani sono complementari alle gambe nel manifestare al cavallo le nostre intenzioni, a loro spetta pure saper decifrare le intenzioni che l'animale comunica al cavaliere attraverso le redini. Esse non agiscono mai da sole, ma sempre in armonia con le gambe e le reni.
 

Le redini vanno impugnate con i pollici verso l'alto, i polsi leggermente arrotondati, vanno tenute costantemente alla stessa altezza e non devono spostarsi. I polsi non devono essere troppo arrotondati sulle redini per non costringere i gomiti ad allargarsi eccessivamente e le mani vanno tenute morbide ed elastiche.

GUIDARE IL CAVALLO

Guidare un cavallo è una questione di sensibilità e di misura: non bisogna impartire ordini in maniere brutale, ma solo con fermezza.
Durante gli spostamenti le redini devono essere tese, ma non in maniera eccessiva conservando un leggero ma continuo contatto con la bocca dell'animale. Infatti le redini troppo tese potrebbero far reagire il cavallo con la testa, mentre le redini eccessivamente lente vi obbligherebbero ad arretrare i gomiti, a sollevare troppo le mani, impedendo di dettar ordini all'animale.

La regola generale da ricordare è che i gomiti devono restare in contatto con il corpo.
Per far girare il cavallo a destra o a sinistra si tira la redine o di destra o di sini
stra e si cede contemporaneamente di altrettanto con la redine opposta continuando però a tenere il contatto con la bocca. Le azioni delle mani devono essere accompagnate da un aumento della aderenza delle ginocchia alla sella senza spostare le gambe e i talloni dalla giusta posizione.

 LE ANDATURE: IL PASSO
Il passo è un'andatura che si sviluppa in quattro tempi. Durante questo spazio l'animale solleva e appoggia di seguito ogni singolo arto. Al momento di dare l'ordine di partenza non bisogna tenere il corpo sbilanciato in avanti, verso il collo del cavallo perché in questa posizione non si riesce ad avanzare, come non si riesce ad avanzare se lo sguardo sarà rivolto verso terra. Verificata la correttezza della posizione allentare le redini ed esercitare una pressione con le gambe.

IL TROTTO
È questa un'andatura a 2 tempi. Il cavallo poggia in successione il diagonale sinistro (anteriore sinistro e posteriore destro) e diagonale destro (anteriore destro e posteriore sinistro).
 


L'assetto del cavaliere durante il trotto seduto è quello classico: il busto e la testa vanno leggermente piegati indietro e le spalle sciolte. Il cavaliere può trottare in 2 modi diversi: seduto o sollevato; nel trotto sollevato o leggero il cavaliere siederà sulla sella allorché una diagonale poggerà per terra e si solleverà seguendo l'impulso del cavallo quando il diagonale opposto tocca il suolo.
I movimenti devono essere fatti elasticamente sfruttando le articolazioni dell'anca, del ginocchio e delle reni.
Il busto deve alzarsi ed abbassarsi sulla sella seguendo una direzione obliqua in avanti.
Per partire al trotto bisogna allentare le redini, stringere i polpacci e scaricare il peso sulle reni.

 IL GALOPPO
E' un'andatura a tre tempi, prima un posteriore poi un diagonale con lo stesso nome infine l'altro anteriore.
Nel galoppo il cavaliere tiene i pugni bassi l'inforcatura a contatto della sella sulla quale striscia con movimento ritmico dall'indietro in avanti.

 IL SALTO: POSIZIONE DURANTE IL SALTO

Nel salto è fondamentale trovare una posizione di equilibrio che consenta di raggiungere al di là dell'ostacolo in perfetta armonia con il cavallo. Al momento del salto il cavaliere dovrà per quanto gli sarà possibile avvicinare il proprio centro di gravità con quello del cavallo il quale passa sotto il garrese e leggermente in avanti rispetto alla sua verticale. Durante il superamento bisogna serrare i polpacci rima­nendo in sospensione. Lo sguardo deve essere rivolto in avanti in modo che il busto non cada in avanti. Le caviglie, le reni e le ginocchia dovranno essere elastiche, i talloni verranno spinti in basso. Le spalle saranno avanzate, le mani e gli avambracci tracceranno una linea immaginaria che va dalla bocca del cavallo fino alle mani e ai gomiti del cavaliere.

POSIZIONE DOPO IL SALTO

Allorché il cavallo ricadrà al di là dell'ostacolo le reni devono venire leggermente arcuate e la testa sollevata. Le redini devono essere lasciate scivolare dalle mani perché il collo serve al cavallo da contrappeso per effettuare un buon atterraggio.

Bisogna evitare di:

- buttare il corpo indietro aggrappandosi alle redini e lasciando andare le gambe in avanti.

- allargare i gomiti.

- tenere le redini troppo lunghe.

- abbassare i piedi nelle staffe.

- tenere le redini troppo sollevate.

- gettare le gambe indietro.

 

IL CONCORSO IPPICO

Il concorso ippico di salto ad ostacoli è una competizione il cui binomio cavallo­cavaliere, oltre a mettere in mostra le loro capacità atletiche in un percorso ad ostacoli, è destinata a dimostrare nel cavallo franchezza, potenza, impulso, rispetto dell'ostacolo e nel concorrente il sistema di monta adottato. Se il concorrente commette degli errori - abbattimento degli ostacoli, rifiuti, superamento del tempo... incorre in penalità.
Risulta vincitore della prova quel concorrente che incorre nel minor numero di penalità o che completa il percorso nel minor tempo o che riporta il maggior numero di punti a seconda del tipo di gara.

L'origine del concorso ippico risale alla seconda metà del XIX secolo, quando l'equitazione era essenzialmente praticata dai militari e dai nobili; gli uni per usi bellici, gli altri per svago. In entrambi i casi il cavallo trovava il suo impiego in campagna, per cui doveva essere in grado di superare qualsiasi asperità del terreno. Di conseguenza al momento dell'acquisto di un cavallo, il commerciante per dimostrare le capacità del suo prodotto gli faceva superare in un recinto alcuni ostacoli che vagamente riproducevano quelli che normalmente si incontravano all'aperto. Tale pratica diede origine a vere gare di salto in un campo chiuso con ostacoli artificiali mobili che rispecchiavano quelli naturali: un muretto, una catasta di legno, una staccionata, un fosso, uno specchio d'acqua...

I concorsi ippici divennero subito un complemento della equitazione di campagna ed incontravano il favore del pubblico. Dapprima solo pochi appassionati seguivano queste gare, ma rapidamente divennero occasione di incontro fra cavalieri di diversa provenienza e scuola, oltre che riunioni mondane; il Concorso ippico agli inizi del nostro secolo costituiva uno "spettacolo", un raduno di dame, un appuntamento fra nobili ufficiali delle armi a cavallo. Il primo concorso ippico internazionale venne organizzato a Parigi nel 1866.

In Italia il primo concorso ippico ebbe luogo a Torino, nella primavera del 1884, nel Parco del Valentino, lungo le rive del Po, sotto la presidenza del Principe Amedeo, Duca D'Aosta. Vi presero parte essenzialmente la Scuola di Cavalleria di Pinerolo che diede saggio dell'equitazione praticata a quel tempo: il cavaliere Cesare Paderni presentò riprese di dressage, di alta scuola e di lavoro sugli ostacoli da parte dei suoi allievi.

Tra i primi concorsi ippici organizzati in Italia balzò agli onori della cronaca quello che si svolse all'Arena di Milano nel 1893, organizzato dalla "Società Milanese per la Caccia a Cavallo". Tra i cavalieri spiccava il Tenente Federico Caprilli.

Le prime gare avevano allora un limite nelle mediocri altezze degli ostacoli; infatti non si superava mai il metro di altezza che i cavalli riuscivano a malapena a superare. La "rivoluzione" Caprílliana elevò immediatamente le altezze degli ostacoli e contribuì in modo determinante alla diffusione di questo settore dell'equitazione, simbolo spesso dell'equitazione stessa. Il Concorso ippico internazionale di Torino del 1902 - il primo internazionale in Italia - fu la dimostrazione pratica della validità del "sistema".

Federico Caprilli si rese conto immediatamente che il Concorso ippico stava acquistando una crescente importanza. Allo scopo, nel 1905, scrisse un articolo: "Il concorso ippico doveva mirare - secondo il Maestro - ad invogliare e migliorare la produzione del cavallo italiano e la importazione di buoni cavalli esteri da servizio e da caccia e a tenere viva la passione per il cavallo ed a mettere in onore la buona equitazione utile e pratica.

Il Concorso ippico subì una continua evoluzione. Gli ostacoli si modificarono nelle forme e nelle dimensioni, allontanandosi sempre più dalle caratteristiche degli ostacoli di campagna, dei quali conservano solo il nome, e dallo scopo per il quale il concorso era nato. Oggi il Concorso può considerarsi una vera gara di virtuosismo in spazi molto ristretti.

Anche le formule ed i regolamenti dei Concorsi ippici sono stati costantemente modificati per rispondere alle nuove esigenze. Agli inizi, ad esempio, nell'attribuire le penalità si considerava se l'errore era stato causato dagli anteriori o dai posteriori del cavallo e si penalizzava maggiormente il primo caso, perché si riteneva che in campagna il cavallo sarebbe caduto se avesse urtato l'ostacolo con gli anteriori.

La prova di salto ad ostacoli venne inserita anche tra le discipline olimpiche a partire dai Giochi di Stoccolma del 1912. In questa occasione la medaglia d'oro a squadre fu assegnata alla Svezia, seguita dalla Francia e dalla Germania. Il Cap. Francese Jean Cariou su Mignon si aggiudicò la prima medaglia d'oro individuale.

 IL CONCORSO IPPICO NEL PENTATHLON
(regole riferite al 1989)
La prova di Equitazione nel Pentathlon è un concorso di salto ad ostacoli e viene giudicato secondo una tabella A (la velocità è determinante ai fini della classifica) modificata.

La lunghezza del percorso è c.a. 600 mt., la velocità 350 mt. al minuto. Il percorso è composto di 15 ostacoli la cui altezza è per gli ostacoli dritti di m. 1.20 per i Se­nior e mt. 1.10 per gli Junior e le donne, gli ostacoli larghi misurano metri 1.20X 1.50 per i Senior e mt. 1.10x 1.30 per Junior e donne, la riviera è di mt. 3.00.

Dei 15 ostacoli almeno uno deve essere un ostacolo combinato (gabbia - doppia gabbia) che si compone di due o tre elementi distanti fra loro non meno di 7 metri e non più di 12 metri misurati dalla faccia interna.

Il concorso viene regolato dalle norme della F.I.S.E.
Qui di seguito proponiamo un esempio di percorso in una competizione di Pentathlon:

 

Come si può notare dal grafico riprodotto il percorso non è tra i più facili. Questo, unito alla difficoltà di montare cavalli praticamente sconosciuti, impone al cavaliere una preparazione notevole, non basta più quindi per il Pentathlon un cavaliere medio.

Probabilmente in tutti i Paesi del mondo succede che la fase di avviamento allo sport equestre dei pentatleti non è abbastanza curata.

Questo sport viene praticato soltanto da aspiranti pentatleti di 12-13 anni. Troppo tardi perché un pentatleta costa al C.O.N.I. ed ai preparatori così tanti sforzi e così tanti soldi da non potersi permettere a 13 anni, dopo anni di lavoro, di accorgersi che l'aspirante pentatleta è negato per I'equitazíone e quindi non può proseguire.

Piú gli sport. sono difficili più hanno bisogno di diagnosi precoci. Perciò i centri C.O.N.L di avviamento al pentathlon dovrebbero, anche solo ai fini valutativi, far montare più presto i loro ragazzi, in modo di avere la certezza che i veri pentatleti emergano senza portarsi il peso di coloro che non riusciranno a praticare tutti e cinque gli sport in modo dignitoso.

Pubblicato sulla rivista  MULTISPORT GEN/FEB 1990