Boicottare Pechino: un errore!

Sugli altari della cronaca spicca, in questo periodo, la difficile situazione tra Cina e Tibet. Controversie molto forti ma in atto già da molti anni, dunque ben note a tutti.

Con l’assegnazione dei giochi alla Cina, forse si è pensato che sarebbe “bastato” mettere sotto i riflettori mondiali per un periodo limitato un paese per cambiarne i connotati. 

In questi giorni, anche dopo le proteste durante la cerimonia dell’accensione della fiaccola, tra i vari capi di governo europei spicca la parola BOICOTTARE, forse presa un po’ troppo alla leggera.

Boicottare i giochi porterebbe senza ombra di dubbio una grave perdita economica per gli organizzatori ma in quanti, di chi prende decisioni di tal portata, si è messo nei panni del vero protagonista delle Olimpiadi?

Da ex-atleta ed ora tecnico mi sento di affermare che la conquista di una carta olimpica rappresenti il traguardo di ogni singolo individuo che pratichi sport, dall’amatore al professionista, un sogno che solo una esigua minoranza di atleti è in grado di vedersi realizzato.

Fermiamoci un attimo a valutare inoltre quante possibilità ci sono che un atleta possa “posticipare” l’appuntamento della vita per un ciclo di altri 4 anni… 

Quando la Germania organizzò i giochi nel ’36 Jesse Owens si presentò vincendo ben 4 ori, anche sapendo quali fossero i reali intenti nazisti (con l’ormai screditata leggenda della mancata stretta di mano tra l’atleta e il furer). Un incidente politico avvenne durante le celebrazioni dei giochi di Città del Messico 1968. Due atleti afroamericani della squadra di atletica leggera Tommie Smith e John Carlos, durante l'esecuzione dell'inno statunitense alla cerimonia di premiazione dei 200 metri, eseguirono il saluto delle Pantere Nere, per denunciare il razzismo contro gli afroamericani negli USA.

Questi avvenimenti, questi uomini hanno lasciato un segno mondiale, tutti se ne ricordano. 

Negli anni Settanta e Ottanta furono invece i boicottaggi a segnare i Giochi. Prima furono i paesi africani a boicottare le Olimpiadi del 1976 per protestare contro la tournée in Sudafrica, in pieno regime di apartheid, della nazionale neozelandese di rugby. Ai Giochi di Mosca nel 1980 furono gli USA, assieme ad altri paesi del blocco occidentale, a rifiutarsi di partecipare a causa dell'invasione sovietica dell'Afghanistan. Per reazione, i sovietici e i loro partner del blocco orientale boicottarono i successivi Giochi di Los Angeles nel 1984.

Nella storia rimane chi vince, chi partecipa. Non esserci è sbagliato. Solamente portando avanti una denuncia ragionata, globale si possono impiantare piccoli semi che, se il terreno sarà fertile, daranno i primi germogli. 

In anni olimpici lo sport assume un ruolo da protagonista, ma non possiamo scaricare su questo evento pressioni eccessive, compiti che sono fuori portata per tutto il movimento. La panacea di tutti i mali non può essere l’Olimpiade, soprattutto per quello che rappresenta.

Se dovessimo boicottare un evento ogni volta che nel mondo si presentano aspetti drammatici, allora dovremmo boicottare i teatri per denunciare il disboscamento del Brasile, i ristoranti per l’effetto serra, i parchi gioco per la caccia alle balene… 

Simone Cavicchioli