Considerazioni |
24 agosto 2011 Il
mio primo commento è stato sull’importanza di aver conquistato una
carta olimpica in netto anticipo dall’evento della competizione
olimpica, in quanto da una parte l’intero movimento si poteva
avvalere di una maggiore tranquillità per la preparazione
dell’Olimpiade, dall’altra si mettevano in condizione gli atleti già
qualificati, da qui in avanti, di seguire una programmazione mirata
esclusivamente per l’ Olimpiade. Rimane
fermo il fatto che la Federazione e l’intero staff tecnico hanno il
preciso compito di supportare in egual misura tutti gli atleti, per
consentire loro di conquistare la carta olimpica. Ma hanno anche il dovere
di chiarire fin da subito i parametri di valore per il conseguimento di
tale carta. Questo
perché, se si vuol far lavorare una squadra con profitto per portarla al
successo, diventa doveroso eliminare fin dall’inizio tensioni e
dissapori, sicuramente generati ed alimentati da regole non chiare ed
azioni che possono essere interpretate, dagli stessi atleti e
dall’intero movimento, come favoritismi per alcuni e danno per altri. L’esperienza
mi insegna che nello sport, e soprattutto in una disciplina come il
Pentathlon Moderno, “l’interpretazione della performance” ha poco
spazio. Giancamilli
e Petroni hanno disputato agli Europei una grande gara, dimostrando di
essere maturi per i grandi appuntamenti e capaci di cogliere il
“momento” in una gara importante e delicata come questa, che assegnava
le carte olimpiche. Inoltre, analizzando la loro gara è palese che
ambedue gli atleti hanno ancora ampio margine di miglioramento. Cosa non
da poco. Ed ancora, abbiamo rispettivamente in carica il 5° e l’8°
atleta Europeo e non capisco perché nessuno di questi due atleti ad oggi
dimostratisi quelli più in forma del momento, psicologicamente tranquilli
(fresca conquista della carta olimpica) ed in “confidenza” con la
prestazione (piazzamento di prestigio agli Europei), non sono
chiamati a rappresentare l’Italia in una gara così importante come il
Mondiale. Soprattutto se consideriamo che sono 16 anni che l’Italia non
conquista una medaglia maschile in questa prestigiosa competizione.
Proprio adesso che abbiamo una squadra competitiva e rinvigorita dagli
ultimi risultati, l’Italia perde l’occasione di farsi rappresentare
dai due atleti, sulla carta, più in forma del momento? Inoltre non si
deve assolutamente dimenticare il 9° posto di De Luca e quindi,
l’Italia ha già una terza carta olimpica virtuale, in quanto in caso di
defezione di un atleta italiano già qualificato, il 9° posto europeo
credo rappresenti un valido pass per le Olimpiadi a favore di De Luca . Ma
mi chiedo cosa stiamo andando a cercare di più alla luce di queste
convocazioni per il Mondiale? Perché si devono fare errori di giudizio
così macroscopici? Che senso ha imbrogliare in questo modo le carte e
complicare la vita ad un ambiente che non ha davvero bisogno di ulteriori
problemi? Penso
anche che la partecipazione ad un Mondiale debba essere la giusta
gratifica per quegli atleti che nell’anno hanno conseguito i
risultati più importanti. Ed ancora, in primis l’Italia, la
Federazione e tutti i suoi sostenitori hanno il sacrosanto diritto di
essere rappresentati dagli atleti più meritevoli e più in forma del
momento; ed è per questo motivo che chi deve selezionarli per una gara
così importante, ha il dovere di scegliere i più meritevoli. A questo
proposito, i risultati delle gare, soprattutto se conseguiti a breve
distanza di tempo, debbono essere presi come inequivocabili riferimenti. Alla
luce di queste considerazioni, che raggrupperei semplicemente sotto le
voci “buon senso”, “meritocrazia”, “equità”, si ha il
dovere di stabilire criteri chiari, giusti ed imparziali per la selezione
degli atleti nelle gare più importanti. A mio avviso è stato un errore
grave non aver chiarito già questi criteri antecedentemente alla prima
gara che assegnava le carte olimpiche. Da
tecnico mi permetto di osservare che gli uomini su cui puntare per Londra
2012 sono chiaramente quattro atleti: Benedetti, Giancamilli, De Luca e
Petroni. Per quanto riguarda Franceschini è un ottimo atleta che
però non ha ancora la loro esperienza, avendo disputato poche gare del
massimo circuito; inoltre, soprattutto nelle prove tecniche, non è ancora
all’altezza degli altri quattro atleti nazionali. Cercare una sua
qualificazione mi sembra una forzatura e sicuramente un errore di
valutazione nel voler anticipare i tempi di questo atleta seppur molto
promettente. Inoltre, considerando i risultati, penso siano ancora
inferiori da quelli conseguiti dagli altri atleti probabili
olimpici. Nel
caso di Poddighe, non vedo come possa essere annoverato nel gruppo di
probabili olimpici. Senza nulla togliere al ragazzo, penso che la sua
presenza nel gruppo sia palesemente una mossa politica, dettata da
esigenze di “equilibri” a me ignoti, e sono del parere che prima di
lui ci siano in Italia molti altri pentatleti. Non vedo poi come possa
essere selezionato per questo Mondiale di Pentathlon Moderno, non avendo
praticamente nessuna esperienza internazionale all’infuori di una poule
di Coppa del Mondo a Sassari ed un Meeting Ungherese di medio livello. Non
me ne voglia l’atleta, ma come ho detto prima il Mondiale, oltre che
rappresentare un punto di arrivo per i risultati conseguiti ed esperienza
acquisita, deve essere anche meritato e la partecipazione non deve essere
conseguita a discapito di atleti più meritevoli. Se leggi questo
mio articolo ti pregherei di fare spontaneamente un passo indietro, in
quanto faresti un torto ad un altro atleta del gruppo olimpico. Sarebbe un
bel gesto. Concludo
con un’affermazione e allo stesso tempo un appello diretto al presidente
Felicita. Alla luce di quest’ultimo fatto e di molti altri
accaduti in passato, chi è alla guida di una Federazione dovrebbe
preoccuparsi di diffondere, all’intero movimento ed a chi assume
incarichi direttivi , quella coscienza di “equità” che ne
legittimerebbero oltre che la figura anche l’operato; ad oggi constato
che i suoi sforzi, Presidente, non hanno saputo infondere nelle coscienze
di noi tutti quella sensazione di “justitia” che dovrebbe invece
essere un principio imprescindibile dello Sport.
Gianni Caldarone |