L’esperienza olimpica

Il 1° giugno 2008 rimarrà nella mia vita come l’apice della mia carriera sportiva. Nonostante le mille difficoltà che ho dovuto superare riesco infatti a raggiungere, in questa data, l’obiettivo della qualifica olimpica.
Da quel momento iniziano tre fantastici mesi che sono l’obiettivo di ogni atleta. Vi racconterò la mia personale esperienza come se fosse la prima (l’incubo di Atene 2004 l’ho rimosso dalla mia mente).

Al ritorno dai mondiali assaporo i lati positivi della mia posizione di qualificato olimpico; nel frattempo gli allenamenti continuano normalmente nonostante ci sia da parte del ct la volontà di aumentare il volume dei carichi.
Rinuncio alla gara di Biathle di Lignano, ma partecipo all’assoluto di tetrathlon a Modena. Qui ho un buon riscontro su tre prove, con il solo tiro molto deludente. Nella classifica finale sono secondo al solo Nicola. Esco dalla gara molto contento, divertito e stanco. Fa inoltre piacere aver ricevuto un po’ di attenzioni da parte dei media, seppur locali, dal momento che quelli di Roma passati i primi due giorni dalla qualifica si sono completamente dimenticati di me.

Mercoledì 25 giugno festeggio finalmente la carta olimpica con tutti gli amici degli allenamenti, artefici anche loro, ognuno a modo suo, di questa impresa. Sentire tanto affetto tutto insieme ti dà una marcia in più.

Nel frattempo con Nicola scopriamo che per noi non è previsto nessun premio economico per la qualificazione. Rimaniamo molto sconcertati dal differente trattamento che riceviamo rispetto alle donne, ma dobbiamo accontentarci di rassicurazioni e promesse che rimandano la faccenda al post-olimpiade.

Ottengo però tutto quel materiale tecnico che spetta ai nazionali.

Arriva anche il tanto atteso materiale della vestizione olimpica.

Due borse di magliette, pantaloni, calzoncini, occhiali, scarpe, accappatoio, giacca, cravatta, ciabatte, asciugamano, etc. etc. etc.

“Spulciare” il materiale è una goduria, un po’ meno accorgersi che le misure non sono tutte giuste. Il problema è comunque momentaneo, due giorni dopo cambio i capi errati con quelli delle giuste dimensioni e voilà che tutto è indossabile.

Tra i tanti indumenti molti costituiranno materiale di scambio.

Dopo gli assoluti di Modena la stanchezza mi assale e solo dopo una decina di giorni ritorno ad avere belle sensazioni. Nel nuoto ho un leggero calo, mentre nel resto continuo a vantare uno stato discreto.

Per non compromettere la preparazione rinuncio a un weekend che con mia moglie avevamo prenotato a Ginevra.

Il 7 luglio arriva un altro gratificante momento, la visita al Presidente della Repubblica dei futuri olimpionici.

Nonostante la giornata risulti molto lunga, con Nicola riusciamo a divertirci molto. Tra fotografie con tutti i campionissimi azzurri, interviste, foto, buffet delizioso e trasferimenti sul bus panoramico. Il ricordo è emozionante.

Passa appena una settimana e si parte per Mosca, campionati Europei. In palio c’è un titolo di tutto rispetto ma il c.t. ci fa subito comprendere che siamo lì soprattutto per provare varie situazioni tecniche, tra le quali i nuovi costumi della Jacked.

La qualifica va liscia come l’olio. In particolare nelle prove atletiche ho ottime sensazioni.

La finale è meno positiva. Parto bene con 181 nel tiro, ma poi nella scherma non trovo mai il ritmo giusto, sensazione già avuta in qualifica, e finisco con 808pt. Nel nuoto resto un po’ deluso dal tempo, 2’07”7. Con l’utilizzo del Jacked mi sarei aspettato meglio, soprattutto dopo aver nuotato 2’08”2 in qualifica, senza riscaldamento, utilizzando il Diana.

Nell’equitazione il sorteggio mi annienta e poi a corsa l’obiettivo è non farsi male.

Il percorso è allagato e sono quindi necessarie le chiodate, ma ci sono a ogni giro 200m di asfalto. Per evitare infortuni siamo quindi costretti a utilizzare le scarpe normali e per di più ad affrontare le molte curve a velocità moderate.

Esco comunque dalla gara con nuove esperienze e con la consapevolezza di avere tutti i mezzi per fare bene ai giochi.

Anticipo il volo di ritorno alla mattina e riesco così dopo 3 anni ad andare di nuovo a un matrimonio, quello dei miei super amici Luca e Romina. A causa delle gare avevo perso ben 8 cerimonie consecutive tra cui il matrimonio di mio fratello.

Tempo tre giorni e si parte per Predazzo (Tn), collegiale in montagna a 1000m di altitudine.

Alloggiamo nella caserma della Guardia di Finanza, dove a noi atleti hanno riservato le camere degli ufficiali, senza dubbio più confortevoli delle altre. Nel complesso la sistemazione è ottimale. Gli impianti sono tutti nelle vicinanze e di buona qualità. Il cibo servitoci in caserma è più che dignitoso e vario. Il clima è l’unico lato negativo. Dal sereno e caldo della mattina, dopo pranzo arriva sistematicamente la pioggia con uno sbalzo di anche 10 gradi. In molti nei primi giorni accusiamo un leggero mal di gola. Nel complesso riusciamo comunque, con qualche accortezza, in tutte le attività all’aperto a evitare la pioggia.

Gli allenamenti vanno nel complesso bene, tranne nella scherma dove ho sempre sensazioni negative. Le prove atletiche in particolare sembrano in grande crescita.

Per non restare troppi giorni lontano dalla mia famiglia, ho preso in questo periodo un appartamento in affitto a 300m dalla caserma e ho così avuto durante tutto il periodo la possibilità di godermi la presenza di Gabry, Matty e Nico. Nonostante una serie di problemi che chi ha bambini piccoli deve mettere in conto, a conti fatti il piacere e la tranquillità di averli vicini è valsa molto più che i pensieri e le preoccupazioni che ne sono derivate. Non nego che la sistemazione e il cambiamento non hanno permesso ai miei cari di godersi la “vacanza”. Alla fine dei conti è andato comunque tutto bene.

In questo periodo l’emozione in vista olimpica comincia a farsi sentire. I giornali finalmente cominciano ad affrontare con decisione l’argomento “Pechino 2008”, e inevitabilmente dentro qualcosa si smuove. Inoltre escono nella mia zona di residenza vari articoli relativi alla mia partecipazione olimpica.

Nella mia mente regna comunque la tranquillità, dovuta alla totale assenza di pressioni. Tutte le attenzioni medianiche (seppur pochissime) sono sempre puntate sulle ragazze. Inoltre la forma crescente mi da tranquillità, scongiurando il pessimo stato fisico vissuto in quel di Atene. L’unica preoccupazione che mi toglie, in alcuni casi, qualche ora di sonno, è la paura di non mettere mai le mani sul premio di qualificazione sul quale ho tanto investito sia a livello familiare che economico.

Tornati a Roma il 5 agosto, abbiamo giusto il tempo per due giornate piene di allenamento, con lavori di corsa e nuoto molto molto confortanti. La forma sta raggiungendo l’apice. Anche la scherma sembra andare meglio. Equitazione va molto bene come in quasi tutti gli allenamenti e il tiro è la solita incognita. 

L’8 agosto seguo con Nicola la cerimonia di apertura in quel della scienza della sport, intervallata da vari pisolini. Come sempre è noiosissima nonostante la notevole spettacolarità.

Il 9 iniziano le gare e tutta la giornata sembra incentrata sulla visione di queste. Sembra che niente conti più. La notte del 9 dormo pochissimo sia per seguire le competizioni in programma che per stancarmi bene al fine di facilitare l’adattamento al fuso. Infatti alle 20:10 del 10 agosto saliamo sull’aereo dell’Air China direzione Pechino.

L’euforia è alle stelle. Tutta la folta delegazione italiana emana gioia. Prima del decollo iniziano numerose le foto di gruppo, con annessione anche del personale di bordo.

La prima buona notizia del viaggio è che l’aereo è quasi vuoto e ci si può quindi allargare a piacere.

Il mio progetto riesce perfettamente. Durante il volo dormo 6 ore e la sera dopo, alle 22 ora cinese crollo meravigliosamente. Il fuso è già preso.

Il clima non ha niente a che vedere con le voci allarmanti tanto prodigate nei mesi precedenti. Se è vero che il cielo non si vede, a causa della costante foschia ad alta quota, c’è però da dire che la temperatura è più bassa rispetto all’Italia e che nonostante un’umidità maggiore si sta meglio che da noi. Al terzo giorno una forte pioggia pulisce tutto ed ecco che anche il cielo e il sole diventano visibili. Anche lo smog non è poi così terribile. A Roma mi da molto più fastidio che qui.

Nel complesso ci si allena meglio a Pechino che in Italia. La temperatura è costante tutto il giorno e si può correre o montare senza problemi a qualsiasi ora. Anche l’aria condizionata nei locali risulta meno marcata rispetto alle voci diffuse.

Per i primi 8 giorni (dall’11 al 19 agosto) alloggiamo presso la Beijing Sport University, all’interno di un hotel affittato totalmente dal C.o.n.i. per le delegazioni azzurre. Il nome in codice dell’edificio è “casa di acclimatamento”. Si sta da Dei. Cibo e cuoco italiano di massima qualità, con buffet per tutti i gusti.

Stanze comodissime. Ma soprattutto siamo a 200m dalle strutture di allenamento riservate al pentathlon. Le altre nazionali, già entrate nel villaggio, devono fare mezz’ora di bus ogni volta che vogliono allenarsi. Noi ci andiamo a piedi.

Quello che invece manca in tutta la struttura è la televisione italiana o tanto meno internazionale. Ci sono solo canali cinesi, che trasmettono solo le immagini degli atleti di casa. Qualora non ci sia nessun cinesino impegnato, via con le repliche. Non abbiamo mai la possibilità di emozionarci con qualche trionfo italiano e anzi spesso, a forza di fare zapping alla ricerca delle immagini tanto sperate, i nervi raggiungono i limiti dell’autocontrollo. Più di una volta il telecomando ha rischiato di essere scaraventato contro il tanto bello, quanto inutile, schermo piatto della tv.

L’unica salvezza, per non restare fuori dal mondo, è stato il collegamento internet in camera, sfruttabile grazie al computer di Nicola (grazie Alessia per il preziosissimo regalo!). Anche tramite internet le immagini non erano disponibili, ma almeno le notizie in tempo quasi reale si trovavano.

Devo però riconoscere che sotto il punto di vista emotivo, questo pseudo isolamento, è forse stato un bene. Ci ha permesso di restare concentrati sul nostro obiettivo senza disperdere energie nervose e senza aumentare eccessivamente le aspettative.

Dopo un giorno e mezzo di assestamento con allenamenti leggerissimi, già il 13 torniamo a lavorare sul serio, per quel che lo scarico consenta. 6x300 e 6x200 confermano il nostro ottimo stato di forma nella corsa. L’acqua un po’ fredda non ci permette invece di avere belle sensazioni nella disciplina natatoria. Tanto che il 14 devo annullare un lavoro per la grande difficoltà a raggiungere velocità decenti. Nel pomeriggio ci dedichiamo invece alle compere, andando al Silk Market (mercato della seta o meglio mercato del falso), da dove torno con quintali di acquisti. Posso ritenermi estremamente soddisfatto delle mie contrattazioni, facilitate dalle informazioni ricevute dai vari tecnici, molti dei quali ormai di casa all’interno di questo immenso edificio di 5 piani. Credo sia più visitato di ogni altro monumento della città.

Nei giorni seguenti continuano le normali sedute di allenamento.

A ferragosto passiamo la serata a Casa Italia, dove mi rifaccio dell’astinenza dal mio amato gelato, unica nota dolente del nostro alloggio. La struttura è enorme e nel complesso la “gita” risulta noiosa.

Il 17 effettuo l’ultimo lavoro di nuoto, molto leggero ma con sensazioni migliorate.

Nel pomeriggio, primo totalmente libero dagli allenamenti, con Nicola andiamo in visita al villaggio Olimpico. Un confronto con Atene è impossibile. I cinesi hanno realizzato veramente una grande opera. Coloro che abiteranno questo quartiere, al termine dei giochi, saranno di sicuro persone molto altolocate. Le palazzine sono molto alte, ma ogni particolare è curato magnificamente. Laghetti, fontane, sculture, alberi di ogni tipo, rendono un piacere il solo passeggiare in questo luogo.
Numerosissime sono poi gli internet point, con sale giochi e tv.

Diamo poi un occhiata all’Olimpyc shop, dove scattano i primi acquisti, a tanti altri negozietti o servizi, a una delle molte sale giochi, dove teniamo una lunga seduta di tiro nel simulatore di guerra con la mitragliatrice, poi ci guardiamo qualche immagine degli italiani in gara, grazie alla televisione riservata ai dirigenti del C.o.n.i. e poi respiriamo la vera aria olimpica nel cuore del villaggio, la mensa. Solito immenso capannone, con decine di banchi dove poter prendere cibo mediterraneo, cinese, internazionale, pizza, etc. oltre al McDonald’s. Tutto questo aperto 24 su 24. In ogni momento si può cenare o fare colazione, prendere gelati o bibite a volontà (quest’ultime disponibili in ogni punto del villaggio). In mensa si incontrano tutti i campioni, in quanto tutti mangiano. Subito con Nico scorgiamo per esempio Bekele. Torniamo quindi a casa per cena.

Lunedì 18 terminiamo gli allenamenti di tiro, andati complessivamente bene, di scherma, dove ci siamo dovuti spesso accontentare di tirare con le donne, e poi via con l’ultimo lavoro di corsa, 2x1000 più 1x500, andato fin troppo bene.

Il 19 dopo l’ultimo nuoto, in mattinata, entriamo ufficialmente al villaggio, ma non lo faccio insieme agli altri ragazzi. La sera prima avevo dimenticato di consegnare i passanti per il consueto controllo del materiale di gara e quindi ho dovuto risolvere questo problema portandoli personalmente sul luogo di gara, con immense difficoltà nel raggiungerlo. Ho camminato per oltre 1 ora e mezza, in una delle poche giornate col sole che picchia forte, senza capire dove fosse il luogo esatto, ricevendo milioni di informazioni contrastanti.

Dopotutto il problema l’avevo creato io ed è stato giusto che lo risolvessi io. Nel tardo pomeriggio finalmente, con i passanti vidimati, faccio la mia entrata nel villaggio. Prendo possesso della stanza, nell’appartamento “B”, all’ottavo piano della 2^ palazzina Italiana. Sul letto ad accogliermi ci sono graditissimi gadget. Dalla bandiera italiana a un kit di prodotti della Jonshon, varie cose della squadra olimpica azzurra, come la penna usb, il gagliardetto, 4 braccialetti, etc etc etc, il portachiavi dei giochi e tante altre cosine.

In serata con Nicola non riusciamo a esplorare tutto il villaggio con una mezz’oretta di corsa sotto i 4 al km, il che rende l’idea della vastità del nuovo quartiere.

La vigilia della gara si prospetta noiosa. Dobbiamo riposarci e ottimizzare tutte le energie, ma dobbiamo pur passare il tempo. Per fortuna il solo prelievo del sangue, per l’antidoping, obbligatorio per tutti gli atleti in gara, ci fa perdere l’intera mattinata a causa della lentezza delle operazioni.

Il pomeriggio a quel punto scivola via veloce. Tra una passeggiata, la preparazione delle borse, la depilazione, che anche se inutile con l’uso dei costumoni resta comunque una tradizione che mi aiuta a entrare in clima gara, e varie altre cosette arriviamo già all’ora di cena. Spengo a quel punto tutti i cellulari per evitare i vari messaggi di incoraggiamento che, piacevoli da un lato, sono però nocivi dal punto di vista delle aspettative. Meglio restare concentrati sulla tecnica che pensare al risultato.

Alle 10 e mezza ci mettiamo a letto e non esito ad addormentarmi, come se si trattasse di una normale serata.

La mattina seguente mi sveglio alle 5:45, venti minuti prima della sveglia. Inizia qui la mia olimpiade.

La nottata eccezionale appena passata è una buona partenza, sia dal punto di vista fisico che psicologico.

Lavatina veloce, ultime cose nelle borse e si va a colazione. Da qui direttamente sul bus per gli impianti gara. Alle 6:50 lasciamo il villaggio e in 10 minuti siamo alla struttura che ospita tiro e scherma. Ci sistemano nella “changing room” e poi l’ora di attesa prevista prima della presentazione vola via veloce. Recupero della pistola, controllo armi, un po’ di “dry fire”, che scongiura il mio incubo ricorrente da un anno, cioè il tremore incontrollabile del mondiale 2007, e dopo un infinità di allineamenti e controlli dei pass per organizzare l’ingresso eccoci alle 8:00.

Si sale quindi al piano superiore e tutti in fila prendiamo possesso delle postazioni. Ci presentano al ridottissimo pubblico in sala e alle 8:20 si parte con i 10’ di riscaldamento, dove come al solito sembra che in mano invece della pistola io abbia una lupara, per la larghezza della rosata.

La gara inizia poi con un bel 10. A metà gara passo a 91, con un solo 8 e tanti 9. Sono molto contento di riuscire a eseguire la tecnica prefissatami. Sparare con punterie brevi, stringendo forte l’arma ma mantenendo rilassata l’attenzione. Anche nei colpi restanti continuo a essere calmo e a rispettare il mio compito. Purtroppo il 19° colpo mi parte che sono un po’ basso in zona. Mi aspetto un 8 e invece sbuca un 7.9. Non gli do importanza e con il 9 all’ultimo tiro totalizzo 182 punti, che è il mio secondo miglior punteggio di sempre in una finale internazionale. Sono molto soddisfatto della mia tenuta e in fondo anche del risultato. Poi a fine gara saprò di aver totalizzato il 16° punteggio. Il livello questa volta è stato altissimo, non come a Sydney o Atene.

Giusto il tempo di buttare le scarpe di tiro, ormai con 13 anni di esperienza e rattoppi, consapevole che con il combined-event alle porte non mi serviranno più, che inizia il riscaldamento della scherma. Dopo una breve sgambata e qualche esercizio di allungamento mi attivo in pedana prima con Lapo e poi con Frolov. Arriva quindi il momento di risalire sul parterre di gara.

Con Nicola siamo fissi alla pedana 1, che significa essere costantemente sotto l’obiettivo delle telecamere cinesi. Siamo però dal lato opposto della tifoseria azzurra, il che mi dispiace molto. Mi esalto quando ho qualcuno da far divertire.

Il torneo sembra iniziare bene. Dopo la sconfitta nell’intersala vinco 4 assalti difficili consecutivi. Due ottime stoccate con gli ungheresi e due sporche con i tedeschi. Poi con i britannici prendo due botte notevoli e da li inizia una lunga odissea. Incanalo molti turni consecutivi di 1 vittoria e 1 sconfitta. Fino a quando superata la metà del torneo i russi mi lasciano a zero e vado sotto al 50%. Da lì mi dico che la mia gara me la gioco ora e devo tentare il tutto per tutto. Richiamo tutte le energie psichiche e innalzo al massimo la mia tensione agonistica. Riesco a mettere 7 botte su 10 ma poi all’ultimo turno perdo con i coreani e finisco con un deludente 832pt. In realtà esco con la coscienza a posto di chi le ha provate tutte e non si lascia rimorsi alle spalle. Sono quelle giornate in cui tu non tiri al 100%, gli avversari (soprattutto quelli più scarsi) con te si inventano le magie più eclatanti e poi mettiamoci tre stoccate regolari annullatemi e quella rubatami da Zenhua (il quale ne ha rubate molte toccando terra e partendo in flash, il tutto con una dinamica rapidissima e provatissima). Resta comunque il rammarico che di gare di scherma ne sbaglio 1-2 l’anno, e questa volta ha coinciso col momento meno opportuno. Nel complesso diciamo che ho limitato i danni restando nella prima metà della classifica. Diciamo pure che se come obiettivo avevo i 2000 punti su due prove, ne ho persi solo 56.

Quello che invece ho perso sono moltissime energie nervose. Mi sento come all’uscita da una discoteca con molte birre alle spalle.

Ho serie difficoltà a mettere a fuoco.

Ci si sposta in piscina. Il riscaldamento non è dei migliori. Dopo i primi 25m con buone sensazioni, l’acqua gelida mi indurisce subito. Decido allora di accorciare ulteriormente i tempi e arrivo a mala pena a 400m. Esco velocemente e via a infilarsi il jacked, per il quale servono quasi 10 minuti di “sforzi”.

Solita chiamata in camera di attesa e poi si va sui blocchi, con l’incubo ricorrente degli occhialetti che si tolgono.

Negli istanti prima della partenza cerco di caricarmi ma non ci riesco affatto, sono totalmente svuotato di energie mentali.

Il primo 50 di gara viene con le giuste sensazioni e con il tempo prefissato, ma poi inizia l’odissea. Rigido, affaticato e non “sopra l’acqua” come ero ormai abituato a nuotare. Finisco con un 2’11”7, che mi delude visto il buon lavoro svolto ma per il quale  avrei comunque firmato qualche mese fa, quando temevo di riviere l’incubo di Atene.

Ciò che mi dispiace di più non sono i 12 o 20 punti persi rispetto a quel che avrei potuto fare, ma il non aver dato a Leandro il meritato riscontro per l’infinita disponibilità e per l’ottima programmazione che siamo riusciti a organizzare. So per certo che almeno un secondo l’ho perso a causa dell’energie nervose lasciate nell’ultimo terzo della gara di scherma.

Archiviato il nuoto ci si trasferisce nell’ultimo luogo di gara, lo stadio. La pioggia durante la giornata non ha praticamente mai smesso di scendere e il campo di equitazione è molto fangoso. Facciamo la ricognizione del percorso, che non sembra altissimo  ma alcune girate risultano impegnative e sembrano esserci pochi trasferimenti in cui poter riflettere. Sono 19°, il primo della seconda manche, e quindi avrò subito la possibilità di vedere il mio cavallo in azione montato da Lapo (Blr).

Dopo la dovuta mezz’oretta inizia la gara. L’atleta bielorusso totalizza 0 punti. Si decide subito di prendere la riserva e Gigi va a sorteggiare il nuovo cavallo. Non ho più il numero 9 ma il numero 32 Xingxing. Non perdiamo tempo e con Scaccabarozzi si va al campo di riscaldamento per comunicare la sostituzione. I cinesi, non conoscendo l’inglese e non volendo comprendere lo sviluppo della situazione non vogliono darci il nuovo cavallo.

Alle 16:29 sarei dovuto salire a cavallo e invece, dopo infinite discussioni, vedo arrivare il mio destriero solo alle 16:44. Per fortuna a causa di qualche disastro sul percorso e per permettere a Zenhua, l’ennesimo inghippo della giornata (gli hanno cambiato cavallo con uno portato per lui e entra non come 3° in classifica ma come se fosse 1°), si è accumulato un po’ di ritardo che mi garantisce un campo prova dignitoso. Xingxing è uno di quei cavalli che si attaccano in bocca e partono a mille, lo si capisce chiaramente fin dai primi tempi di galoppo. Inizio subito una lunga serie di partenze seguite da un alt. Poi inizio a piegarlo. Verso i salti prende una grande iniziativa. In quelli di prova trovo un discreto equilibrio tenendolo piegato fino a tre tempi dall’ostacolo, poi alleggerendo e lasciando fare a lui.

La sensazione è quella di avere una Ferrari tra le gambe. Riuscendo a gestirla, operazione non facile, si può fare molto molto bene.

Prima di entrare in campo gara vedo il percorso di Zenhua, mentre sosto nell’area di attesa, e così ripasso il giro. Arriva il mio momento e mi ripeto che devo trasmettere calma al mio cavallo, con ogni atteggiamento sia fisico che psicologico.

Entro nel campo di gara, saluto la giuria e mi appresto a partire. Quest’ultima operazione ritarda un po’, infatti la campana si fa attendere parecchio e non commetto l’errore di anticipare la partenza. Arriva finalmente il via e subito Xingxing prende molta iniziativa. Essendo partito da lontano ho il tempo di riprenderlo e metterlo in atteggiamento piegato. Il numero uno viene come da programma, con l’alleggerimento agli ultimi tre tempi, e il salto è perfetto. Gli ostacoli seguenti sono ugualmente ottimi, riuscendo a ricomporre il cavallo in ogni trasferimento. La linea 6-7 (gabbia, dritto) viene magnificamente grazie ad una leggera rimessa in entrata. A questo punto Stefano mi grida la parola d’ordine a significare che il ritmo sta calando troppo. Purtroppo il caos dello stadio e la concentrazione non mi permettono di ricevere questa fondamentale informazione. Il cavallo in effetti sul numero 8 non prende più l’iniziativa solita. Da sopra, totalmente preso dal compito di tenere, mi sembra quasi un sogno che non tiri più forte, non mi rendo conto che il sogno sta per diventare incubo. Infatti saltato il muro (n°9) di rimessa, mi trovo una spezzata di 4/5 tempi dove l’impulso ridotto mi porta inevitabilmente al rifiuto con abbattimento sul 10. Ricostruito l’ostacolo ritorno e lo salto. I 60pt persi non comprometterebbero più di tanto la gara, se non ne perdessi altri 168 tra 11 e 12, con un altro rifiuto, due abbattimenti e vari secondi persi sul tempo.

La rabbia più grande è che in tutto il periodo di preparazione abbiamo sempre lavorato sul ritmo, che deve sempre restare costante. Inoltre mi ero sempre ripromesso di rammentarmi prima dell’entrata in gara la parola d’ordine “Guerra”, e invece ho pensato più a fare il fichetto che a combattere. La particolarità del cavallo mi ha distolto da questo obiettivo. Rientrando nella changing room il rammarico diventa enorme. Scopro che molti avversari hanno avuto problemi in questa prova e che con il netto sarei rientrato in piena zona podio, mentre con uno/due abbattimenti, oppure con il solo rifiuto del n°10, avrei ancora potuto lottare per il bronzo. Invece con quel casino negli ultimi tre salti mi ritrovo molto dietro.

Con molti degli altri atleti in gara guardo in tv i restanti percorsi, vedendomi superato in classifica generale da altri avversari. Alla fine sono 18°. Dopo una lunga attesa arrivano le 19e30 e iniziamo il riscaldamento della corsa. Con Nicola nei primi minuti proviamo il percorso di gara. Risulta essere peggio del previsto. Le curve sono corribili ma si è obbligati a rallentare molto per poi ripartire ogni volta. Per la mia tipologia di corridore, amante dei ritmi costanti, è una situazione molto svantaggiosa.

Come insegna sempre Petroni, bisogna però adattarsi a tutto.

Finiamo poi il riscaldamento fuori dallo stadio, sotto la pioggia costante e alle 20 siamo all’epilogo del quadriennio.

Mi presento al via col pettorale n°18. Nicola mi precede di una posizione e di 2 secondi di handicap. Davanti c’è qualcuno da prendere ma non subito. Dietro c’è vicinissimo Walther.

Dopo quasi due minuti da Moiseev arriva il nostro momento. Nicola si lancia subito all’inseguimento degli atleti davanti, io parto più controllato come al solito. Neanche 10” di corsa che arriva la prima curva a gomito, da lì in poi è una continua frenata seguita da uno sforzo per ripartire. A metà gara Walther mi raggiunge e da lì facciamo gara insieme, riuscendo nell’ultimo giro a superare Horvath e Sacsen. Nelle ultime due curve il tedesco mi da poi quei 5- 10 metri che manterrà fino al traguardo.

Chiudo la mia olimpiade in 17^ posizione, con il crono di 9’26” (3’12”, 3’12”, 3’01”). Il tempo di riprendersi e di sapere che Zazza ha fregato il cinese nel finale (grande notizia!) e si parte con il giro d’onore, nel quale riesco a coinvolgere i soli Nicola, Velasquez e un paio di altri atleti. Sarebbe stato bello un saluto al pubblico collettivo. Nonostante l’esiguo numero siamo stati applauditi dallo stadio totalmente pieno (c’è chi dice che per riempire gli stadi i cinesi raccolgano la gente per strada con gli autobus) e abbiamo inviato milioni di baci e saluti, sempre sotto la pioggia costante.

Rientrato, dopo la cerimonia di premiazione, negli spogliatoi inizio un lungo movimento di scambi di materiale. Riesco tra l’altro a impossessarmi di una cuffia da 1’55”9.

Qualche foto con Nico, ci si cambia e via sul pullman per rientrare al villaggio, dove arriviamo quasi alle 10. Doccia, apertura delle borse, tanti pensieri e quasi a mezzanotte andiamo a mangiare finalmente liberi di gustare di tutto. Mi butto nel reparto cinese, che risulta molto gustoso.

La serata a causa della stanchezza e dell’amarezza non prevede uscite, ma a causa dell’adrenalina ancora in circolo non prevede neanche il sonno. Fino ad oltre le 2 giochiamo in sala giochi. Tornati in camera si crolla.

Il giorno seguente via a tifare le ragazze, che purtroppo già a metà mattinata risultano fuori dai giochi medaglie. Speravo molto in un exploit femminile, dopo il nostro passo falso,  per ridare un po’ di notorietà a questo sport, per ridare una medaglia in questa disciplina alle Fiamme Azzurre dopo Bomprezzi ’92, per ripagare i tanti sforzi delle ragazze stesse e per ripagare il lavoro di alcuni tecnici con cui mi sento particolarmente legato.

Alla fine non è andata bene neanche a loro e di conseguenza a tutto il movimento del pentathlon italiano, che a livello mediatico-televisivo ha dimostrato ancora una volta i propri enormi limiti.

Non so spiegarmi di chi sia la colpa, ma è incredibile che si preferiscano le immagini di sport senza azzurri in gara a quelle dei nostri portacolori del pentathlon, che avevano reali ambizioni di medaglia. A volte penso che la divisione tra sport maggiori e minori dovrebbe essere ampliata includendo un’altra categoria, quella degli sport invisibili (il pentathlon ne è il maggior rappresentante). A testimonianza di questo esposto, prendo anche l’atteggiamento dei giornali e dell’antidoping, che sembrano essersi dimenticati di noi. 

La serata e gran parte del giornata seguente la passo al villaggio alle prese con mille riflessioni tra McDonald, Pizza e gelati, e cercando qualche giamaicano per scambiare la maglietta. Mi rattrista ripensare ai grandi sacrifici non ripagati, all’occasione sfumata, alla possibilità che si tratti della mia ultima gara internazionale e alle molte incertezze sul mio futuro sia da uomo che da atleta.

In fondo della mia gara sono abbastanza soddisfatto. Avrei voluto ringraziare Leandro con un gran tempo di nuoto. Con la pazienza che ha avuto nell’assecondare tutte le mie problematiche e con la capacità dimostrata nel comprendere un metodologia totalmente diversa dal consueto, meritava senza dubbio un degno riscontro cronometrico. Avrei voluto concludere l’annata schermistica ai livelli dimostrati nei mesi precedenti e avrei voluto poter dimostrare la supercorsa ritrovata, frenata solo dalla tipologia del percorso. Avrei voluto dimostrare al mondo intero che si possono vincere medaglie non solo senza doping ma anche senza l’utilizzo di sali minerali, vitamine o integratori alimentari in genere. Ma in realtà l’unico rammarico che ho è quello dell’equitazione dove non riesco da molti anni a rendere secondo le mie possibilità, commettendo sempre lo stesso errore. Quei tre ostacoli finali difficilmente verranno rimossi dalla mia memoria.

Casualmente le discipline peggiori sono state scherma e equitazione, proprio quelle in cui i c.t. ha tanto insistito, dopo l’avvenuta qualificazione, per aumentare le sedute.

Devo comunque ringraziare tutti gli allenatori di specialità che sono stati spettacolari sia sotto il profilo tecnico che personale, dal già nominato Leandro, a Gino (oltre che maestro anche carissimo compagno di pesca), da Stefano (le cui conoscenze e metafore sono di valore assoluto) a Ennio (disponibile, gioioso e capace), per finire con Luciano (bravissimo nel darti tranquillità) e Alessandro (superbo nel rimettersi in gioco). Un ringraziamento speciale va anche a Umberto che, nonostante non facesse parte del mio staff, con grande professionalità ha fatto del tutto per infondermi serenità.

Nel pomeriggio per consolarmi mi infiltro col mio pass olimpico allo stadio di atletica. Prima mi godo un paio d’ore del campo di riscaldamento dove ammiro un mio idolo, Bekele, e tanti altri campioni quali le saltatrici in alto, tutti i migliori quattrocentisti del mondo, i giavellottisti e tanti altri. Poi mi intrufolo nello stadio e mi godo il 5000 maschile più tutte le staffette e le altre gare in programma.

Rientrato poi al villaggio via a conoscere i locali notturni cinesi, uguali a quelli occidentali.

Arriva quindi il 24, ultima giornata olimpica. Nella mattinata con Nico andiamo prima a vedere la ginnastica ritmica, con delusione 4° posto, e poi la boxe, dove getto io la spugna, dopo il secondo incontro, per le infinite pause. Rientro al villaggio dove inizio la preparazione delle borse per il viaggio di ritorno, previsto per la mattina seguente. Prima di andare alla cerimonia di chiusura finisco le operazioni di scambio di materiale, approfittando del mercatino che è venuto a formarsi davanti alle palazzine della Svizzera. Posso vantare moltissimi capi di molte nazionali differenti, tra cui Svizzera, Sud Africa, Angola, Inghilterra, Lettonia, Messico, etc. oltre alla divisa completa dei volontari in entrambi i colori. Posso ritenermi molto soddisfatto delle mie operazioni di baratto.

Alle 18 e 30 tutti sopra i bus che portano alla cerimonia di chiusura.

La delegazione italiana è ridottissima. Molti sono già tornati in patria ma moltissimi hanno abdicato l’appuntamento.

Dopo un’oretta di attesa fuori dallo stadio, dove raccolgo autografi importanti per Giulietta Parisi, inizia la marcia nei sotterranei dello stesso. Qui Nicola viene preso dal desiderio di fotografarsi con Liu Ming e iniziamo quindi uno slalom tra le varie nazioni fino a raggiungere la delegazione cinese. Quando arriva il momento dell’ingresso nel campo siamo però rimasti chiusi e ci ritroviamo a entrare con la delegazione canadese. Le due ore seguenti le passiamo gironzolando e fotografandoci con tutte le nazionali o i personaggi più curiosi. L’atmosfera di gioia e festa si respira ovunque.

La sera tornati al villaggio facciamo la spola tra le varie feste che si sviluppano, le principali sono Australia e Gran Bretagna.

Arriva quindi il 25 e alle 13:10 saluto la terra cinese a bordo di un aereo “azzurro”. Tranne qualche esterno, ci sono quasi tutti gli atleti italiani rimasti, con tecnici e dirigenti del Coni al completo.

Il lungo volo passa chiacchierando con Claudia e con Russo (pugile).

All’aeroporto presi i bagagli saluto tutti e prendo il treno che mi riporta alla vita vera, lasciando il sogno olimpico alle spalle.

 

Posso proprio dire che questa esperienza me la sono goduta dall’inizio alla fine. Sono occasioni irripetibili che vale la pena di rendere indimenticabili. Ho voluto tenere mettere tutto per iscritto al fine di poter tornare a rivivere questi momenti, senza dimenticare episodi deliziosi, anche tra molti molti anni.

Per molti l’olimpiade è il sogno, per altri è l’obiettivo. Quando si arriva ad alti livelli diventa solo una formalità e tutta l’attenzione si sposta dal partecipare al prendere la medaglia. Non nascondo di aver puntato al podio, ma sono fiero di essere stato capace di respirare e assaporare l’atmosfera olimpica, con tutte le sue sfumature, in ogni momento di questi 3 fantastici mesi.

Non c’è due senza………………………………………………

                                                               Andrea Valentini