L’esperienza
olimpica |
Il
1° giugno 2008 rimarrà nella mia vita come l’apice della mia carriera
sportiva. Nonostante le mille difficoltà che ho dovuto superare riesco
infatti a raggiungere, in questa data, l’obiettivo della qualifica
olimpica. Al
ritorno dai mondiali assaporo i lati positivi della mia posizione di
qualificato olimpico; nel frattempo gli allenamenti continuano normalmente
nonostante ci sia da parte del ct la volontà di aumentare il volume dei
carichi. Mercoledì
25 giugno festeggio finalmente la carta olimpica con tutti gli amici degli
allenamenti, artefici anche loro, ognuno a modo suo, di questa impresa.
Sentire tanto affetto tutto insieme ti dà una marcia in più. Nel
frattempo con Nicola scopriamo che per noi non è previsto nessun premio
economico per la qualificazione. Rimaniamo molto sconcertati dal
differente trattamento che riceviamo rispetto alle donne, ma dobbiamo
accontentarci di rassicurazioni e promesse che rimandano la faccenda al
post-olimpiade. Ottengo
però tutto quel materiale tecnico che spetta ai nazionali. Arriva
anche il tanto atteso materiale della vestizione olimpica. Due
borse di magliette, pantaloni, calzoncini, occhiali, scarpe, accappatoio,
giacca, cravatta, ciabatte, asciugamano, etc. etc. etc. “Spulciare”
il materiale è una goduria, un po’ meno accorgersi che le misure non
sono tutte giuste. Il problema è comunque momentaneo, due giorni dopo
cambio i capi errati con quelli delle giuste dimensioni e voilà che tutto
è indossabile. Tra
i tanti indumenti molti costituiranno materiale di scambio. Dopo
gli assoluti di Modena la stanchezza mi assale e solo dopo una decina di
giorni ritorno ad avere belle sensazioni. Nel nuoto ho un leggero calo,
mentre nel resto continuo a vantare uno stato discreto. Per
non compromettere la preparazione rinuncio a un weekend che con mia moglie
avevamo prenotato a Ginevra. Il
7 luglio arriva un altro gratificante momento, la visita al Presidente
della Repubblica dei futuri olimpionici. Nonostante
la giornata risulti molto lunga, con Nicola riusciamo a divertirci molto.
Tra fotografie con tutti i campionissimi azzurri, interviste, foto, buffet
delizioso e trasferimenti sul bus panoramico. Il ricordo è emozionante. Passa
appena una settimana e si parte per Mosca, campionati Europei. In palio
c’è un titolo di tutto rispetto ma il c.t. ci fa subito comprendere che
siamo lì soprattutto per provare varie situazioni tecniche, tra le quali
i nuovi costumi della Jacked. La
qualifica va liscia come l’olio. In particolare nelle prove atletiche ho
ottime sensazioni. La
finale è meno positiva. Parto bene con 181 nel tiro, ma poi nella scherma
non trovo mai il ritmo giusto, sensazione già avuta in qualifica, e
finisco con 808pt. Nel nuoto resto un po’ deluso dal tempo, 2’07”7.
Con l’utilizzo del Jacked mi sarei aspettato meglio, soprattutto dopo
aver nuotato 2’08”2 in qualifica, senza riscaldamento, utilizzando il
Diana. Nell’equitazione
il sorteggio mi annienta e poi a corsa l’obiettivo è non farsi male. Il
percorso è allagato e sono quindi necessarie le chiodate, ma ci sono a
ogni giro 200m di asfalto. Per evitare infortuni siamo quindi costretti a
utilizzare le scarpe normali e per di più ad affrontare le molte curve a
velocità moderate. Esco
comunque dalla gara con nuove esperienze e con la consapevolezza di avere
tutti i mezzi per fare bene ai giochi. Anticipo
il volo di ritorno alla mattina e riesco così dopo 3 anni ad andare di
nuovo a un matrimonio, quello dei miei super amici Luca e Romina. A causa
delle gare avevo perso ben 8 cerimonie consecutive tra cui il matrimonio
di mio fratello. Tempo
tre giorni e si parte per Predazzo (Tn), collegiale in montagna a 1000m di
altitudine. Alloggiamo
nella caserma della Guardia di Finanza, dove a noi atleti hanno riservato
le camere degli ufficiali, senza dubbio più confortevoli delle altre. Nel
complesso la sistemazione è ottimale. Gli impianti sono tutti nelle
vicinanze e di buona qualità. Il cibo servitoci in caserma è più che
dignitoso e vario. Il clima è l’unico lato negativo. Dal sereno e caldo
della mattina, dopo pranzo arriva sistematicamente la pioggia con uno
sbalzo di anche 10 gradi. In molti nei primi giorni accusiamo un leggero
mal di gola. Nel complesso riusciamo comunque, con qualche accortezza, in
tutte le attività all’aperto a evitare la pioggia. Gli
allenamenti vanno nel complesso bene, tranne nella scherma dove ho sempre
sensazioni negative. Le prove atletiche in particolare sembrano in grande
crescita. Per
non restare troppi giorni lontano dalla mia famiglia, ho preso in questo
periodo un appartamento in affitto a 300m dalla caserma e ho così avuto
durante tutto il periodo la possibilità di godermi la presenza di Gabry,
Matty e Nico. Nonostante una serie di problemi che chi ha bambini piccoli
deve mettere in conto, a conti fatti il piacere e la tranquillità di
averli vicini è valsa molto più che i pensieri e le preoccupazioni che
ne sono derivate. Non nego che la sistemazione e il cambiamento non hanno
permesso ai miei cari di godersi la “vacanza”. Alla fine dei conti è
andato comunque tutto bene. In
questo periodo l’emozione in vista olimpica comincia a farsi sentire. I
giornali finalmente cominciano ad affrontare con decisione l’argomento
“Pechino 2008”, e inevitabilmente dentro qualcosa si smuove. Inoltre
escono nella mia zona di residenza vari articoli relativi alla mia
partecipazione olimpica. Nella
mia mente regna comunque la tranquillità, dovuta alla totale assenza di
pressioni. Tutte le attenzioni medianiche (seppur pochissime) sono sempre
puntate sulle ragazze. Inoltre la forma crescente mi da tranquillità,
scongiurando il pessimo stato fisico vissuto in quel di Atene. L’unica
preoccupazione che mi toglie, in alcuni casi, qualche ora di sonno, è la
paura di non mettere mai le mani sul premio di qualificazione sul quale ho
tanto investito sia a livello familiare che economico. Tornati
a Roma il 5 agosto, abbiamo giusto il tempo per due giornate piene di
allenamento, con lavori di corsa e nuoto molto molto confortanti. La forma
sta raggiungendo l’apice. Anche la scherma sembra andare meglio.
Equitazione va molto bene come in quasi tutti gli allenamenti e il tiro è
la solita incognita. L’8
agosto seguo con Nicola la cerimonia di apertura in quel della scienza
della sport, intervallata da vari pisolini. Come sempre è noiosissima
nonostante la notevole spettacolarità. Il
9 iniziano le gare e tutta la giornata sembra incentrata sulla visione di
queste. Sembra che niente conti più. La notte del 9 dormo pochissimo sia
per seguire le competizioni in programma che per stancarmi bene al fine di
facilitare l’adattamento al fuso. Infatti alle 20:10 del 10 agosto
saliamo sull’aereo dell’Air China direzione Pechino. L’euforia
è alle stelle. Tutta la folta delegazione italiana emana gioia. Prima del
decollo iniziano numerose le foto di gruppo, con annessione anche del
personale di bordo. La
prima buona notizia del viaggio è che l’aereo è quasi vuoto e ci si può
quindi allargare a piacere. Il
mio progetto riesce perfettamente. Durante il volo dormo 6 ore e la sera
dopo, alle 22 ora cinese crollo meravigliosamente. Il fuso è già preso. Il
clima non ha niente a che vedere con le voci allarmanti tanto prodigate
nei mesi precedenti. Se è vero che il cielo non si vede, a causa della
costante foschia ad alta quota, c’è però da dire che la temperatura è
più bassa rispetto all’Italia e che nonostante un’umidità maggiore
si sta meglio che da noi. Al terzo giorno una forte pioggia pulisce tutto
ed ecco che anche il cielo e il sole diventano visibili. Anche lo smog non
è poi così terribile. A Roma mi da molto più fastidio che qui. Nel
complesso ci si allena meglio a Pechino che in Italia. La temperatura è
costante tutto il giorno e si può correre o montare senza problemi a
qualsiasi ora. Anche l’aria condizionata nei locali risulta meno marcata
rispetto alle voci diffuse. Per
i primi 8 giorni (dall’11 al 19 agosto) alloggiamo presso Stanze
comodissime. Ma soprattutto siamo a 200m dalle strutture di allenamento
riservate al pentathlon. Le altre nazionali, già entrate nel villaggio,
devono fare mezz’ora di bus ogni volta che vogliono allenarsi. Noi ci
andiamo a piedi. Quello
che invece manca in tutta la struttura è la televisione italiana o tanto
meno internazionale. Ci sono solo canali cinesi, che trasmettono solo le
immagini degli atleti di casa. Qualora non ci sia nessun cinesino
impegnato, via con le repliche. Non abbiamo mai la possibilità di
emozionarci con qualche trionfo italiano e anzi spesso, a forza di fare
zapping alla ricerca delle immagini tanto sperate, i nervi raggiungono i
limiti dell’autocontrollo. Più di una volta il telecomando ha rischiato
di essere scaraventato contro il tanto bello, quanto inutile, schermo
piatto della tv. L’unica
salvezza, per non restare fuori dal mondo, è stato il collegamento
internet in camera, sfruttabile grazie al computer di Nicola (grazie
Alessia per il preziosissimo regalo!). Anche tramite internet le immagini
non erano disponibili, ma almeno le notizie in tempo quasi reale si
trovavano. Devo
però riconoscere che sotto il punto di vista emotivo, questo pseudo
isolamento, è forse stato un bene. Ci ha permesso di restare concentrati
sul nostro obiettivo senza disperdere energie nervose e senza aumentare
eccessivamente le aspettative. Dopo
un giorno e mezzo di assestamento con allenamenti leggerissimi, già il 13
torniamo a lavorare sul serio, per quel che lo scarico consenta. 6x300 e
6x200 confermano il nostro ottimo stato di forma nella corsa. L’acqua un
po’ fredda non ci permette invece di avere belle sensazioni nella
disciplina natatoria. Tanto che il 14 devo annullare un lavoro per la
grande difficoltà a raggiungere velocità decenti. Nel pomeriggio ci
dedichiamo invece alle compere, andando al Silk Market (mercato della seta
o meglio mercato del falso), da dove torno con quintali di acquisti. Posso
ritenermi estremamente soddisfatto delle mie contrattazioni, facilitate
dalle informazioni ricevute dai vari tecnici, molti dei quali ormai di
casa all’interno di questo immenso edificio di 5 piani. Credo sia più
visitato di ogni altro monumento della città. Nei
giorni seguenti continuano le normali sedute di allenamento. A
ferragosto passiamo la serata a Casa Italia, dove mi rifaccio
dell’astinenza dal mio amato gelato, unica nota dolente del nostro
alloggio. La struttura è enorme e nel complesso la “gita” risulta
noiosa. Il
17 effettuo l’ultimo lavoro di nuoto, molto leggero ma con sensazioni
migliorate. Nel
pomeriggio, primo totalmente libero dagli allenamenti, con Nicola andiamo
in visita al villaggio Olimpico. Un confronto con Atene è impossibile. I
cinesi hanno realizzato veramente una grande opera. Coloro che abiteranno
questo quartiere, al termine dei giochi, saranno di sicuro persone molto
altolocate. Le palazzine sono molto alte, ma ogni particolare è curato
magnificamente. Laghetti, fontane, sculture, alberi di ogni tipo, rendono
un piacere il solo passeggiare in questo luogo. Diamo
poi un occhiata all’Olimpyc shop, dove scattano i primi acquisti, a
tanti altri negozietti o servizi, a una delle molte sale giochi, dove
teniamo una lunga seduta di tiro nel simulatore di guerra con la
mitragliatrice, poi ci guardiamo qualche immagine degli italiani in gara,
grazie alla televisione riservata ai dirigenti del C.o.n.i. e poi
respiriamo la vera aria olimpica nel cuore del villaggio, la mensa. Solito
immenso capannone, con decine di banchi dove poter prendere cibo
mediterraneo, cinese, internazionale, pizza, etc. oltre al McDonald’s.
Tutto questo aperto 24 su 24. In ogni momento si può cenare o fare
colazione, prendere gelati o bibite a volontà (quest’ultime disponibili
in ogni punto del villaggio). In mensa si incontrano tutti i campioni, in
quanto tutti mangiano. Subito con Nico scorgiamo per esempio Bekele.
Torniamo quindi a casa per cena. Lunedì
18 terminiamo gli allenamenti di tiro, andati complessivamente bene, di
scherma, dove ci siamo dovuti spesso accontentare di tirare con le donne,
e poi via con l’ultimo lavoro di corsa, 2x1000 più 1x500, andato fin
troppo bene. Il
19 dopo l’ultimo nuoto, in mattinata, entriamo ufficialmente al
villaggio, ma non lo faccio insieme agli altri ragazzi. La sera prima
avevo dimenticato di consegnare i passanti per il consueto controllo del
materiale di gara e quindi ho dovuto risolvere questo problema portandoli
personalmente sul luogo di gara, con immense difficoltà nel raggiungerlo.
Ho camminato per oltre 1 ora e mezza, in una delle poche giornate col sole
che picchia forte, senza capire dove fosse il luogo esatto, ricevendo
milioni di informazioni contrastanti. Dopotutto
il problema l’avevo creato io ed è stato giusto che lo risolvessi io.
Nel tardo pomeriggio finalmente, con i passanti vidimati, faccio la mia
entrata nel villaggio. Prendo possesso della stanza, nell’appartamento
“B”, all’ottavo piano della 2^ palazzina Italiana. Sul letto ad
accogliermi ci sono graditissimi gadget. Dalla bandiera italiana a un kit
di prodotti della Jonshon, varie cose della squadra olimpica azzurra, come
la penna usb, il gagliardetto, 4 braccialetti, etc etc etc, il portachiavi
dei giochi e tante altre cosine. In
serata con Nicola non riusciamo a esplorare tutto il villaggio con una
mezz’oretta di corsa sotto i 4 al km, il che rende l’idea della vastità
del nuovo quartiere. La
vigilia della gara si prospetta noiosa. Dobbiamo riposarci e ottimizzare
tutte le energie, ma dobbiamo pur passare il tempo. Per fortuna il solo
prelievo del sangue, per l’antidoping, obbligatorio per tutti gli atleti
in gara, ci fa perdere l’intera mattinata a causa della lentezza delle
operazioni. Il
pomeriggio a quel punto scivola via veloce. Tra una passeggiata, la
preparazione delle borse, la depilazione, che anche se inutile con l’uso
dei costumoni resta comunque una tradizione che mi aiuta a entrare in
clima gara, e varie altre cosette arriviamo già all’ora di cena. Spengo
a quel punto tutti i cellulari per evitare i vari messaggi di
incoraggiamento che, piacevoli da un lato, sono però nocivi dal punto di
vista delle aspettative. Meglio restare concentrati sulla tecnica che
pensare al risultato. Alle
10 e mezza ci mettiamo a letto e non esito ad addormentarmi, come se si
trattasse di una normale serata. La
mattina seguente mi sveglio alle 5:45, venti minuti prima della sveglia.
Inizia qui la mia olimpiade. La
nottata eccezionale appena passata è una buona partenza, sia dal punto di
vista fisico che psicologico. Lavatina
veloce, ultime cose nelle borse e si va a colazione. Da qui direttamente
sul bus per gli impianti gara. Alle 6:50 lasciamo il villaggio e in 10
minuti siamo alla struttura che ospita tiro e scherma. Ci sistemano nella
“changing room” e poi l’ora di attesa prevista prima della
presentazione vola via veloce. Recupero della pistola, controllo armi, un
po’ di “dry fire”, che scongiura il mio incubo ricorrente da un
anno, cioè il tremore incontrollabile del mondiale 2007, e dopo un
infinità di allineamenti e controlli dei pass per organizzare
l’ingresso eccoci alle 8:00. Si
sale quindi al piano superiore e tutti in fila prendiamo possesso delle
postazioni. Ci presentano al ridottissimo pubblico in sala e alle 8:20 si
parte con i 10’ di riscaldamento, dove come al solito sembra che in mano
invece della pistola io abbia una lupara, per la larghezza della rosata. La
gara inizia poi con un bel 10. A metà gara passo a 91, con un solo 8 e
tanti 9. Sono molto contento di riuscire a eseguire la tecnica
prefissatami. Sparare con punterie brevi, stringendo forte l’arma ma
mantenendo rilassata l’attenzione. Anche nei colpi restanti continuo a
essere calmo e a rispettare il mio compito. Purtroppo il 19° colpo mi
parte che sono un po’ basso in zona. Mi aspetto un 8 e invece sbuca un
7.9. Non gli do importanza e con il 9 all’ultimo tiro totalizzo 182
punti, che è il mio secondo miglior punteggio di sempre in una finale
internazionale. Sono molto soddisfatto della mia tenuta e in fondo anche
del risultato. Poi a fine gara saprò di aver totalizzato il 16°
punteggio. Il livello questa volta è stato altissimo, non come a Sydney o
Atene. Giusto
il tempo di buttare le scarpe di tiro, ormai con 13 anni di esperienza e
rattoppi, consapevole che con il combined-event alle porte non mi
serviranno più, che inizia il riscaldamento della scherma. Dopo una breve
sgambata e qualche esercizio di allungamento mi attivo in pedana prima con
Lapo e poi con Frolov. Arriva quindi il momento di risalire sul parterre
di gara. Con
Nicola siamo fissi alla pedana 1, che significa essere costantemente sotto
l’obiettivo delle telecamere cinesi. Siamo però dal lato opposto della
tifoseria azzurra, il che mi dispiace molto. Mi esalto quando ho qualcuno
da far divertire. Il
torneo sembra iniziare bene. Dopo la sconfitta nell’intersala vinco 4
assalti difficili consecutivi. Due ottime stoccate con gli ungheresi e due
sporche con i tedeschi. Poi con i britannici prendo due botte notevoli e
da li inizia una lunga odissea. Incanalo molti turni consecutivi di 1
vittoria e 1 sconfitta. Fino a quando superata la metà del torneo i russi
mi lasciano a zero e vado sotto al 50%. Da lì mi dico che la mia gara me
la gioco ora e devo tentare il tutto per tutto. Richiamo tutte le energie
psichiche e innalzo al massimo la mia tensione agonistica. Riesco a
mettere 7 botte su 10 ma poi all’ultimo turno perdo con i coreani e
finisco con un deludente 832pt. In realtà esco con la coscienza a posto
di chi le ha provate tutte e non si lascia rimorsi alle spalle. Sono
quelle giornate in cui tu non tiri al 100%, gli avversari (soprattutto
quelli più scarsi) con te si inventano le magie più eclatanti e poi
mettiamoci tre stoccate regolari annullatemi e quella rubatami da Zenhua
(il quale ne ha rubate molte toccando terra e partendo in flash, il tutto
con una dinamica rapidissima e provatissima). Resta comunque il rammarico
che di gare di scherma ne sbaglio 1-2 l’anno, e questa volta ha coinciso
col momento meno opportuno. Nel complesso diciamo che ho limitato i danni
restando nella prima metà della classifica. Diciamo pure che se come
obiettivo avevo i 2000 punti su due prove, ne ho persi solo 56. Quello
che invece ho perso sono moltissime energie nervose. Mi sento come
all’uscita da una discoteca con molte birre alle spalle. Ho
serie difficoltà a mettere a fuoco. Ci
si sposta in piscina. Il riscaldamento non è dei migliori. Dopo i primi
25m con buone sensazioni, l’acqua gelida mi indurisce subito. Decido
allora di accorciare ulteriormente i tempi e arrivo a mala pena a 400m.
Esco velocemente e via a infilarsi il jacked, per il quale servono quasi
10 minuti di “sforzi”. Solita
chiamata in camera di attesa e poi si va sui blocchi, con l’incubo
ricorrente degli occhialetti che si tolgono. Negli
istanti prima della partenza cerco di caricarmi ma non ci riesco affatto,
sono totalmente svuotato di energie mentali. Il
primo 50 di gara viene con le giuste sensazioni e con il tempo prefissato,
ma poi inizia l’odissea. Rigido, affaticato e non “sopra l’acqua”
come ero ormai abituato a nuotare. Finisco con un 2’11”7, che mi
delude visto il buon lavoro svolto ma per il quale avrei comunque
firmato qualche mese fa, quando temevo di riviere l’incubo di Atene. Ciò
che mi dispiace di più non sono i 12 o 20 punti persi rispetto a quel che
avrei potuto fare, ma il non aver dato a Leandro il meritato riscontro per
l’infinita disponibilità e per l’ottima programmazione che siamo
riusciti a organizzare. So per certo che almeno un secondo l’ho perso a
causa dell’energie nervose lasciate nell’ultimo terzo della gara di
scherma. Archiviato
il nuoto ci si trasferisce nell’ultimo luogo di gara, lo stadio. La
pioggia durante la giornata non ha praticamente mai smesso di scendere e
il campo di equitazione è molto fangoso. Facciamo la ricognizione del
percorso, che non sembra altissimo ma alcune girate risultano
impegnative e sembrano esserci pochi trasferimenti in cui poter
riflettere. Sono 19°, il primo della seconda manche, e quindi avrò
subito la possibilità di vedere il mio cavallo in azione montato da Lapo
(Blr). Dopo
la dovuta mezz’oretta inizia la gara. L’atleta bielorusso totalizza 0
punti. Si decide subito di prendere la riserva e Gigi va a sorteggiare il
nuovo cavallo. Non ho più il numero 9 ma il numero 32 Xingxing. Non
perdiamo tempo e con Scaccabarozzi si va al campo di riscaldamento per
comunicare la sostituzione. I cinesi, non conoscendo l’inglese e non
volendo comprendere lo sviluppo della situazione non vogliono darci il
nuovo cavallo. Alle
16:29 sarei dovuto salire a cavallo e invece, dopo infinite discussioni,
vedo arrivare il mio destriero solo alle 16:44. Per fortuna a causa di
qualche disastro sul percorso e per permettere a Zenhua, l’ennesimo
inghippo della giornata (gli hanno cambiato cavallo con uno portato per
lui e entra non come 3° in classifica ma come se fosse 1°), si è
accumulato un po’ di ritardo che mi garantisce un campo prova dignitoso.
Xingxing è uno di quei cavalli che si attaccano in bocca e partono a
mille, lo si capisce chiaramente fin dai primi tempi di galoppo. Inizio
subito una lunga serie di partenze seguite da un alt. Poi inizio a
piegarlo. Verso i salti prende una grande iniziativa. In quelli di prova
trovo un discreto equilibrio tenendolo piegato fino a tre tempi
dall’ostacolo, poi alleggerendo e lasciando fare a lui. La
sensazione è quella di avere una Ferrari tra le gambe. Riuscendo a
gestirla, operazione non facile, si può fare molto molto bene. Prima
di entrare in campo gara vedo il percorso di Zenhua, mentre sosto
nell’area di attesa, e così ripasso il giro. Arriva il mio momento e mi
ripeto che devo trasmettere calma al mio cavallo, con ogni atteggiamento
sia fisico che psicologico. Entro
nel campo di gara, saluto la giuria e mi appresto a partire. Quest’ultima
operazione ritarda un po’, infatti la campana si fa attendere parecchio
e non commetto l’errore di anticipare la partenza. Arriva finalmente il
via e subito Xingxing prende molta iniziativa. Essendo partito da lontano
ho il tempo di riprenderlo e metterlo in atteggiamento piegato. Il numero
uno viene come da programma, con l’alleggerimento agli ultimi tre tempi,
e il salto è perfetto. Gli ostacoli seguenti sono ugualmente ottimi,
riuscendo a ricomporre il cavallo in ogni trasferimento. La linea 6-7
(gabbia, dritto) viene magnificamente grazie ad una leggera rimessa in
entrata. A questo punto Stefano mi grida la parola d’ordine a
significare che il ritmo sta calando troppo. Purtroppo il caos dello
stadio e la concentrazione non mi permettono di ricevere questa
fondamentale informazione. Il cavallo in effetti sul numero 8 non prende
più l’iniziativa solita. Da sopra, totalmente preso dal compito di
tenere, mi sembra quasi un sogno che non tiri più forte, non mi rendo
conto che il sogno sta per diventare incubo. Infatti saltato il muro (n°9)
di rimessa, mi trovo una spezzata di 4/5 tempi dove l’impulso ridotto mi
porta inevitabilmente al rifiuto con abbattimento sul 10. Ricostruito
l’ostacolo ritorno e lo salto. I 60pt persi non comprometterebbero più
di tanto la gara, se non ne perdessi altri 168 tra 11 e 12, con un altro
rifiuto, due abbattimenti e vari secondi persi sul tempo. La
rabbia più grande è che in tutto il periodo di preparazione abbiamo
sempre lavorato sul ritmo, che deve sempre restare costante. Inoltre mi
ero sempre ripromesso di rammentarmi prima dell’entrata in gara la
parola d’ordine “Guerra”, e invece ho pensato più a fare il
fichetto che a combattere. La particolarità del cavallo mi ha distolto da
questo obiettivo. Rientrando nella changing room il rammarico diventa
enorme. Scopro che molti avversari hanno avuto problemi in questa prova e
che con il netto sarei rientrato in piena zona podio, mentre con uno/due
abbattimenti, oppure con il solo rifiuto del n°10, avrei ancora potuto
lottare per il bronzo. Invece con quel casino negli ultimi tre salti mi
ritrovo molto dietro. Con
molti degli altri atleti in gara guardo in tv i restanti percorsi,
vedendomi superato in classifica generale da altri avversari. Alla fine
sono 18°. Dopo una lunga attesa arrivano le 19e30 e iniziamo il
riscaldamento della corsa. Con Nicola nei primi minuti proviamo il
percorso di gara. Risulta essere peggio del previsto. Le curve sono
corribili ma si è obbligati a rallentare molto per poi ripartire ogni
volta. Per la mia tipologia di corridore, amante dei ritmi costanti, è
una situazione molto svantaggiosa. Come
insegna sempre Petroni, bisogna però adattarsi a tutto. Finiamo
poi il riscaldamento fuori dallo stadio, sotto la pioggia costante e alle
20 siamo all’epilogo del quadriennio. Mi
presento al via col pettorale n°18. Nicola mi precede di una posizione e
di 2 secondi di handicap. Davanti c’è qualcuno da prendere ma non
subito. Dietro c’è vicinissimo Walther. Dopo
quasi due minuti da Moiseev arriva il nostro momento. Nicola si lancia
subito all’inseguimento degli atleti davanti, io parto più controllato
come al solito. Neanche Chiudo
la mia olimpiade in 17^ posizione, con il crono di 9’26” (3’12”,
3’12”, 3’01”). Il tempo di riprendersi e di sapere che Zazza ha
fregato il cinese nel finale (grande notizia!) e si parte con il giro
d’onore, nel quale riesco a coinvolgere i soli Nicola, Velasquez e un
paio di altri atleti. Sarebbe stato bello un saluto al pubblico
collettivo. Nonostante l’esiguo numero siamo stati applauditi dallo
stadio totalmente pieno (c’è chi dice che per riempire gli stadi i
cinesi raccolgano la gente per strada con gli autobus) e abbiamo inviato
milioni di baci e saluti, sempre sotto la pioggia costante. Rientrato,
dopo la cerimonia di premiazione, negli spogliatoi inizio un lungo
movimento di scambi di materiale. Riesco tra l’altro a impossessarmi di
una cuffia da 1’55”9. Qualche
foto con Nico, ci si cambia e via sul pullman per rientrare al villaggio,
dove arriviamo quasi alle 10. Doccia, apertura delle borse, tanti pensieri
e quasi a mezzanotte andiamo a mangiare finalmente liberi di gustare di
tutto. Mi butto nel reparto cinese, che risulta molto gustoso. La
serata a causa della stanchezza e dell’amarezza non prevede uscite, ma a
causa dell’adrenalina ancora in circolo non prevede neanche il sonno.
Fino ad oltre le 2 giochiamo in sala giochi. Tornati in camera si crolla. Il
giorno seguente via a tifare le ragazze, che purtroppo già a metà
mattinata risultano fuori dai giochi medaglie. Speravo molto in un exploit
femminile, dopo il nostro passo falso, per ridare un po’ di
notorietà a questo sport, per ridare una medaglia in questa disciplina
alle Fiamme Azzurre dopo Bomprezzi ’92, per ripagare i tanti sforzi
delle ragazze stesse e per ripagare il lavoro di alcuni tecnici con cui mi
sento particolarmente legato. Alla
fine non è andata bene neanche a loro e di conseguenza a tutto il
movimento del pentathlon italiano, che a livello mediatico-televisivo ha
dimostrato ancora una volta i propri enormi limiti. Non
so spiegarmi di chi sia la colpa, ma è incredibile che si preferiscano le
immagini di sport senza azzurri in gara a quelle dei nostri portacolori
del pentathlon, che avevano reali ambizioni di medaglia. A volte penso che
la divisione tra sport maggiori e minori dovrebbe essere ampliata
includendo un’altra categoria, quella degli sport invisibili (il
pentathlon ne è il maggior rappresentante). A testimonianza di questo
esposto, prendo anche l’atteggiamento dei giornali e dell’antidoping,
che sembrano essersi dimenticati di noi. La
serata e gran parte del giornata seguente la passo al villaggio alle prese
con mille riflessioni tra McDonald, Pizza e gelati, e cercando qualche
giamaicano per scambiare la maglietta. Mi rattrista ripensare ai grandi
sacrifici non ripagati, all’occasione sfumata, alla possibilità che si
tratti della mia ultima gara internazionale e alle molte incertezze sul
mio futuro sia da uomo che da atleta. In
fondo della mia gara sono abbastanza soddisfatto. Avrei voluto ringraziare
Leandro con un gran tempo di nuoto. Con la pazienza che ha avuto
nell’assecondare tutte le mie problematiche e con la capacità
dimostrata nel comprendere un metodologia totalmente diversa dal consueto,
meritava senza dubbio un degno riscontro cronometrico. Avrei voluto
concludere l’annata schermistica ai livelli dimostrati nei mesi
precedenti e avrei voluto poter dimostrare la supercorsa ritrovata,
frenata solo dalla tipologia del percorso. Avrei voluto dimostrare al
mondo intero che si possono vincere medaglie non solo senza doping ma
anche senza l’utilizzo di sali minerali, vitamine o integratori
alimentari in genere. Ma in realtà l’unico rammarico che ho è quello
dell’equitazione dove non riesco da molti anni a rendere secondo le mie
possibilità, commettendo sempre lo stesso errore. Quei tre ostacoli
finali difficilmente verranno rimossi dalla mia memoria. Casualmente
le discipline peggiori sono state scherma e equitazione, proprio quelle in
cui i c.t. ha tanto insistito, dopo l’avvenuta qualificazione, per
aumentare le sedute. Devo
comunque ringraziare tutti gli allenatori di specialità che sono stati
spettacolari sia sotto il profilo tecnico che personale, dal già nominato
Leandro, a Gino (oltre che maestro anche carissimo compagno di pesca), da
Stefano (le cui conoscenze e metafore sono di valore assoluto) a Ennio
(disponibile, gioioso e capace), per finire con Luciano (bravissimo nel
darti tranquillità) e Alessandro (superbo nel rimettersi in gioco). Un
ringraziamento speciale va anche a Umberto che, nonostante non facesse
parte del mio staff, con grande professionalità ha fatto del tutto per
infondermi serenità. Nel
pomeriggio per consolarmi mi infiltro col mio pass olimpico allo stadio di
atletica. Prima mi godo un paio d’ore del campo di riscaldamento dove
ammiro un mio idolo, Bekele, e tanti altri campioni quali le saltatrici in
alto, tutti i migliori quattrocentisti del mondo, i giavellottisti e tanti
altri. Poi mi intrufolo nello stadio e mi godo il 5000 maschile più tutte
le staffette e le altre gare in programma. Rientrato
poi al villaggio via a conoscere i locali notturni cinesi, uguali a quelli
occidentali. Arriva
quindi il 24, ultima giornata olimpica. Nella mattinata con Nico andiamo
prima a vedere la ginnastica ritmica, con delusione 4° posto, e poi la
boxe, dove getto io la spugna, dopo il secondo incontro, per le infinite
pause. Rientro al villaggio dove inizio la preparazione delle borse per il
viaggio di ritorno, previsto per la mattina seguente. Prima di andare alla
cerimonia di chiusura finisco le operazioni di scambio di materiale,
approfittando del mercatino che è venuto a formarsi davanti alle
palazzine della Svizzera. Posso vantare moltissimi capi di molte nazionali
differenti, tra cui Svizzera, Sud Africa, Angola, Inghilterra, Lettonia,
Messico, etc. oltre alla divisa completa dei volontari in entrambi i
colori. Posso ritenermi molto soddisfatto delle mie operazioni di baratto. Alle
18 e 30 tutti sopra i bus che portano alla cerimonia di chiusura. La
delegazione italiana è ridottissima. Molti sono già tornati in patria ma
moltissimi hanno abdicato l’appuntamento. Dopo
un’oretta di attesa fuori dallo stadio, dove raccolgo autografi
importanti per Giulietta Parisi, inizia la marcia nei sotterranei dello
stesso. Qui Nicola viene preso dal desiderio di fotografarsi con Liu Ming
e iniziamo quindi uno slalom tra le varie nazioni fino a raggiungere la
delegazione cinese. Quando arriva il momento dell’ingresso nel campo
siamo però rimasti chiusi e ci ritroviamo a entrare con la delegazione
canadese. Le due ore seguenti le passiamo gironzolando e fotografandoci
con tutte le nazionali o i personaggi più curiosi. L’atmosfera di gioia
e festa si respira ovunque. La
sera tornati al villaggio facciamo la spola tra le varie feste che si
sviluppano, le principali sono Australia e Gran Bretagna. Arriva
quindi il 25 e alle 13:10 saluto la terra cinese a bordo di un aereo
“azzurro”. Tranne qualche esterno, ci sono quasi tutti gli atleti
italiani rimasti, con tecnici e dirigenti del Coni al completo. Il
lungo volo passa chiacchierando con Claudia e con Russo (pugile). All’aeroporto
presi i bagagli saluto tutti e prendo il treno che mi riporta alla vita
vera, lasciando il sogno olimpico alle spalle. Posso
proprio dire che questa esperienza me la sono goduta dall’inizio alla
fine. Sono occasioni irripetibili che vale la pena di rendere
indimenticabili. Ho voluto tenere mettere tutto per iscritto al fine di
poter tornare a rivivere questi momenti, senza dimenticare episodi
deliziosi, anche tra molti molti anni. Per
molti l’olimpiade è il sogno, per altri è l’obiettivo. Quando si
arriva ad alti livelli diventa solo una formalità e tutta l’attenzione
si sposta dal partecipare al prendere la medaglia. Non nascondo di aver
puntato al podio, ma sono fiero di essere stato capace di respirare e
assaporare l’atmosfera olimpica, con tutte le sue sfumature, in ogni
momento di questi 3 fantastici mesi. Non
c’è due senza……………………………………………… Andrea Valentini |