Presente e futuro

Un saluto a tutti,

dopo aver contribuito nel mio piccolo all’invio di materiale per il sito , voglio provare a contribuire anche al “dibattito” che si tiene più o meno di continuo, sul “ ci scrivono…..”

Vorrei innanzitutto salutare e ringraziare,  per “il bagno di gioventù momentaneo”, Federica Bondioli: trovo che non sia del tutto scontato e banale ripercorrere gare ed emozioni vissute da atleti forse sconosciuti ai più giovani pentatleti di oggi, visto che peraltro hanno portato onori e medaglie all’albo della federazione. Trovo che chi ha maturato esperienze nel nostro sport, a qualsiasi “livello ed incarico”, possa e debba contribuire in modo positivo alla presa di coscienza che ogni movimento sportivo e federazione deve avere.

Senza per forza andare a cercare paragoni con altre federazioni nazionali che sono riuscite ad imporsi all’attenzione del grande pubblico, anche con pochi risultati su cui lanciare la loro “pubblicità” , vorrei richiamare l’opera che una Federazione di pentathlon straniera come quella ungherese ha fatto negli anni, arrivando a gestire un “parco atleti e mezzi” che le consente di poter continuare ad investire in risorse ed ottenere risultati.

Sarebbe troppo facile e sbrigativo pensare che i risultati portano pubblicità, ergo moneta e risorse con cui farsi grandi, perché a mio modo di pensare questa è la filosofia del bicchiere mezzo vuoto: si parla di una struttura efficiente perché negli anni ha goduto dell’apporto di tutti quelli che hanno fatto pentathlon, come atleti e come tecnici, che hanno lavorato ad un causa comune andando anche all’estero , certo a cercare gloria personale, ma poi riversando nel patrio progetto quanto da loro stessi assimilato negli anni. La Federazione ungherese così ha visto sempre ritornati quegli investimenti profusi nel tempo per creare pentatleti, tecnici ed atleti, che sono diventati risorsa non appena la stessa ne aveva bisogno.

Se Cszasàri è un abile dirigente federale e nazionale, se Martìnek è nello stato maggiore esercito e dispone di mezzi da destinare al pentathlon, se Fàbian è manager in grado di fornire appoggi logistici e sponsor e se ogni atleta che abbia più o meno avuto l’onore di portare medaglie pesanti alla loro federazione ricopre incarichi tecnici o logistici, ci sarà un perché.

Certo che loro non sono il “paese di bengodi” del pentathlon , visto che hanno le loro lotte di potere, ma certo hanno sempre presente che la causa da sposare ed il “bene supremo” per tutti 
( sportivamente parlando) è che la macchina pentathlon, tecnica ed agonistica, non si fermi mai, anche per uno spirito patriottico che purtroppo spesso in Italia è un bene dimenticato.

Troppo spesso in tutte le gestioni federali, da quelle ricche di contributi c.o.n.i. a quelle meno ricche, si è cercato di rendere “verde il proprio orticello” senza guardare in prospettiva.

Quando ho cominciato a fare pentathlon nel lontano 1981 mi brillavano gli occhi ad entrare nella sala scherma dell’acqua acetosa, non solo per il fascino indiscusso che gli atleti della nazionale assoluta esercitano sui più piccoli, ma anche perché c’era la possibilità di vedere una squadra nazionale, senior e  junior, forte di 40/50 elementi tutti validi e carichi di esperienza tecnica.

I miei primi campionati italiani assoluti, nel 1984 fatti da allievo, prevedevano ben 66 iscritti e superare quei tornei di scherma era per noi più giovani né più né meno che partecipare alla nostra olimpiade “ casalinga”.

Il male più grande del nostro pentathlon è quello di aver disperso tutto quel bagaglio tecnico, chiamiamola coscienza collettiva se volete, molto spesso per interessi personali e piccole faide che hanno dato risultati tecnici ed economici a pochi e per poco tempo, portando ad una lenta diaspora tecnica peraltro accentuata da una più
ampia e non prevedibile contrazione sia economica che logistica dello sport italiano in generale.

Spero e mi auguro che questi ricordi siano vivi in ogni nostra attuale decisione per far sì che ogni proposta sia mirata al vero scopo della ripartenza tecnica del movimento pentathlon e non sia solo una gara allo “ sputtanamento” ( scusate il francesismo) perché quest’ultimo atteggiamento non è altro che la continuazione di quella cecità gestionale che ci ha visto purtroppo protagonisti nell’arco degli ultimi 15 e forse 20 anni, ed anche perché non è proprio questo il miglior veicolo pubblicitario da usare.

Il mio vero augurio e consiglio è che ognuno di noi faccia il suo, lavorando anche per trasmettere l’esperienza che ha maturato negli anni e questo deve accadere a tutti i livelli, per chi fa il tecnico per chi fa l’atleta ed anche per chi fa il giudice, compito finalmente intrapreso con l’ottica non di casta elitaria dallo stampo punitivo, ma come aiuto tecnico ed organizzativo, rivolto agli atleti, e non solo a quelli, che più spesso hanno la possibilità di onorare la maglia azzurra nelle varie categorie.

Un saluto e complimenti per lo sforzo organizzativo del sito, sforzo premiato dall’efficace riuscita del sito.

A presto
Gianluca Tiberti