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Vorrei rispondere alla mail di Alessandro Pratesi che ho letto sul sito. Prima di tutto ciao Alessandro, ti saluto sempre con affetto e con calore portando sempre dentro di me i ricordi del passato, quando io gareggiavo come atleta mentre tu allenavi gli atleti che si confrontavano con me nelle categorie giovanili. Sono stati anni bellissimi, esaltanti ed irripetibili per tutto il movimento del pentathlon moderno, avvalorati dalle prestazioni di moltissimi giovani atleti che, in quel periodo, hanno fatto brillare questo sport di luce propria. Periodo compreso tra tutto il decennio degli anni ’80 ed i primissimi anni ’90, dopo di che il Pentathlon ha cominciato il suo lento ed inesorabile declino fino ai giorni d’oggi. Solo chi ha vissuto quegli anni in una certa maniera e con la nostra mentalità (anche se ricoprivamo ruoli diversi), mi può capire come mi puoi capire tu Alessandro che in quegli anni eri un elemento trainante di questo sport nella “provincia”, promuovendolo, allenando, organizzando collegiali e competizioni internazionali. Pochissimi hanno saputo fare con gli scarsi mezzi a disposizione che avevi, quello che tu hai fatto ed ideato in quegli anni. Terminato quel periodo di splendore per il pentathlon, hai continuato stoicamente, fino ad oggi, a lavorare per il movimento cercando di trasmettere ai giovani la tua passione per questa disciplina, insegnando loro i valori ed i principi dello sport, anche se in questo ultimo decennio difficoltà ed ostacoli si sono moltiplicati esponenzialmente. Ed è con grande e sincera tristezza che leggo la tua lettera in cui ci informi della tua comprensibile stanchezza nel continuare questa enorme fatica nel mondo del Pentathlon Moderno. Anche
tu mi conosci da molto tempo e se hai seguito un po’ le mie
“battaglie” appassionate per cercare di rendere questo piccolo nostro
mondo un po’ più giusto ed equo, sai quanto mi stia a cuore questa
disciplina che a mio parere racchiude la vera essenza dello sport e
dell’atleta. Allora puoi capire quanto mi costi dire che se alzo lo
sguardo un po’ più in là, intravedo e colgo anch’io questa “fatica
di Sisifo” stagliarsi all’orizzonte, una fatica titanica nel portare
avanti un ideale ed un progetto di sport che non trova poi riscontri
concreti e positivi nell’organizzazione generale e gestionale del
Pentathlon Moderno. Anche se vivo a Roma posso affermare senza ombra di
dubbio che fare Pentathlon nella capitale è oggi molto più difficile che
in provincia; i problemi di impiantistica sono enormi, come grandi sono i
problemi di organizzazione e di promozione di questo sport; ciò significa
che offrire e proporre il prodotto Pentathlon alle famiglie romane per far
sì che decidano di far praticare questa disciplina ai propri figli è
un’impresa veramente titanica. Tu sai perfettamente che la mia attività
è in una società che si muove ed opera da oltre un decennio
esclusivamente con le proprie forze e tramite un’organizzazione
meticolosa che non ha eguali in tutta Italia riesce, se pur con
innumerevoli difficoltà, a far praticare ai propri giovani atleti tutte e
cinque le discipline del Pentathlon. Come tu affermi nella lettera, quando
i tuoi atleti raggiungono l’età per gareggiare anche nella scherma, non
si hanno mezzi per andare avanti ed inesorabilmente arriva l’abbandono
di questi giovani perché la società è impossibilitata a farli
continuare ad allenare a causa dei costi. Allora la mia domanda è questa:
“che futuro ha il Pentathlon Moderno italiano se la tua situazione
societaria è praticamente uguale a tutte le società attualmente presenti
nel territorio?”. Tieni presente che, tolte le società giovanili dei
centri federali di Montelibretti (Passo Corese) che sono direttamente
gestite dalla Federazione che mette a loro disposizione gli impianti per
tutte le discipline, non esistono in Italia società all’infuori dell’Athlion,
Modena e forse Torino che pratichi effettivamente tutte le discipline del
Pentathlon Moderno; di fatto in Italia non esistono società di Pentathlon
ma più esattamente ci sono una miriade di società di avviamento al
pentathlon (nuoto e corsa), poche società di triathlon (nuoto, corsa e
tiro), pochissime società di Tetrathlon (nuoto, corsa, tiro e scherma).
Tutte queste mio affermazioni sono oggettivamente supportate dal basso
numero di praticanti che ha il Pentathlon nelle categorie giovanili e
dallo scarsissimo numero di praticanti che tale disciplina ha dai 16 anni
in poi quando, appunto, si deve gareggiare anche nella scherma. In questo
ultimo decennio e più, il Pentathlon Moderno si è retto praticamente sul
volontariato, su persone che come te, me e molti altri hanno una passione
sfrenata per questo disciplina che pensano sia essere lo sport degli
sport. Persone che hanno operato al di fuori delle luci della ribalta, “perifericamente”,
ma che con la loro passione hanno tenuto in vita questo sport ormai
claudicante e che trascina inesorabilmente alla zoppia persone che come te
hanno dedicato una vita alla promozione e alla divulgazione del Pentathlon
Moderno. Situazione destinata a peggiorare ancor di più dalle nuove
formule di gara che prevedono l’introduzione dell’evento combinato
nuoto-corsa; hai pensato alle mostruose difficoltà che le società
incontreranno per avere i permessi da parte dell’autorità legislativa
per poter allestire un luogo che permetta di portare delle armi, sparare
ed insieme correre? Oltre alle difficoltà per trovare uno spazio dove si
possa eseguire ed allestire tutto ciò. Mi spiace anche dire caro Alessandro, e credimi asserisco questo con molto sconforto e molta tristezza, che se domani tu dovessi abbandonare definitivamente il mondo del Pentathlon, dopo che hai fatto del Pentathlon una delle tue ragioni di vita, non si muoverebbe una paglia, l’indomani si continuerebbe come non fosse accaduto nulla, passeresti come un soffio di vento durante una tempesta. Ma non incupirti perché questo varrebbe anche per me dopo quasi trent’anni di attività nel Pentathlon, varrebbe per un’atleta come Valentini e per quasi la totalità di ogni atleta più o meno importante in attività, come lo è già stato per molti importantissimi atleti ed addetti ai lavoro del passato. Uno sport senza memoria non ha alcun significato, perde la sua funzione culturale svuotandosi della sua storia e del ricordo di tutti quei personaggi che ne hanno fatto non solo la storia ma che hanno permesso di tenerlo in vita. E tu sei una di queste, e non ti pieghi all’oblio della memoria ma che, anzi, tieni vivo il ricordo del passato e del presente, organizzando premiazioni “per i tempi che furono” (te ne ringrazio ancora per quell’anno che mi hai premiato) e per gli atleti del presente, come nel caso della Ruggeri alcune settimane fa. Nonostante tu senta la stanchezza per una situazione odierna non più sostenibile il tuo ruggito si fa sentire ancora. Concludo nel formulare un pensiero che vuole essere una critica costruttiva ed un monito che dovrà essere preso in considerazione soprattutto da chi, in futuro, avrà voglia di un cambiamento radicale del modo di gestire il pentathlon italiano e da coloro che ambiscono ad un movimento sotto ogni aspetto migliore di quello attuale; in tutti questi anni il grande errore di coloro che hanno operato appassionatamente per il pentathlon ed al tempo stesso lontani ed esclusi dal tavolo decisionale, è stato quello di non essere stati coesi, uniti nel portare avanti un’azione comune ed in sintonia. Si è agito in un clima di disinteresse generale nei confronti di un comune accordo che invece poteva vedere unite forze importanti del settore che avrebbero portato, a mio avviso, cambiamenti importanti soprattutto alla luce dei deludenti risultati gestionali e tecnici internazionali di questi ultimi due quadrienni olimpici. E’ mancato un movimento alternativo che ha impedito il rinnovo di uomini e cariche proprio per l’assenza di proposte alternative che proponessero un cambiamento che penso, dopo tanti anni, debba essere fisiologico ma che invece è stato totalmente assente. Quindi tutte le forze positive, disinteressate e appassionate che hanno contribuito a tenere questo sport, oggi agonizzante, ancora in vita, hanno caratterizzato il Pentathlon come uno sport che si è retto di fatto e quasi esclusivamente su forze di contorno e periferiche che al momento del bisogno si sono sempre fatte trovare all’appello, fornendo ora un numero appena accettabile di atleti per stilare una classifica nazionale, ora sostegno logistico, ora forza lavoro, ma che di fatto non sono mai state chiamate a fare parte di una decisione nella politica di gestione del pentathlon nazionale. Tutto questo fa del Pentathlon uno sport che si regge sul volontariato di persone appassionate e legate ad un concetto romantico di questo sport…..ma ahimè di romantico c’è rimasto, ad oggi , ben poco. Questa è l’unica critica che sento di muovere ad una persona come Alessandro Pratesi, un autentico eroe che con la sua passione combatte una battaglia impossibile dall’esito finale, almeno per i prossimi anni, già scritto. Ma a livello personale, e questo conta moltissimo, ha la soddisfazione di aver trasmesso ai propri ragazzi quella passione e quei valori che lo sport ha il compito di insegnare tramite il lavoro di uomini come lui. Anche se tu, Alessandro, dici di cominciare a zoppicare, nei miei ricordi e ti assicuro in molti dei pentatleti romani che continuo ancora a frequentare e che conosci benissimo anche tu, continui non solo a correre ma anche a galoppare. Con sincero affetto, Gianni |