GUATEMALA  CITY

Punto 1: Confronto  Mondiali 2005 – 2006
Punto 2: Alturaallenamento – “acclimatamento
Punto 3: Importanza dell’Età e dell’Esperienza nel Pentathlon Moderno
Punto 4: Importanza della “progressione dell’esperienza
Punto 5: Gestione degli atleti
Punto 6: Conclusioni
 

  • Punto 1

Mondiali 2005 - Varsavia 

Senior M: Individuale 5°Valentini  - 27°  Pecci ;  Squadra 5°  classificata;  Staffetta 4° classificata

Senior D : Individuale 1° Corsini  - 17°  Pieretti;  Squadra 4°  classificata;  Staffetta 3° classificata

 Mondiali 2006 - Guatemala city 

Senior M:  Individuale De Luca 23° ;  Squadra 19° (su 20);  Staffetta 13° (su 16)

Senior D :  Individuale Nessun qualificato;  Squadra 10 (su 11);  Staffetta 13° (su 13) 

  • Punto 2

www.paesionline.it : “Guatemala City è la capitale dello stato del Guatemala, che è compreso fra Messico, a nord, Belize, a nord-est, Oceano Atlantico, a est, Honduras, a sud-est, El Salvador e l’Oceano Pacifico, a sud. Guatemala City si trova in posizione sud, a circa 1.500 metri d’altezza sulla catena montuosa della Sierra Madre…” 

www.siobioc.it : “…Stabilito che l'adeguato apporto d’ossigeno è uno dei fattori in grado di condizionare maggiormente l'efficienza contrattile e quindi la durata e l'intensità del lavoro muscolare, si comprende come si sia rapidamente diffuso, soprattutto tra atleti dediti a sport di resistenza, l'impiego di tecniche in grado di aumentare la massa eritrocitaria. Il soggiorno in altura, secondo il ben noto principio del "Living high-training low", è da tempo la pratica più nota per indurre un fisiologico aumento della massa eritrocitaria, senza rischio di incorrere nella scure dell'antidoping. Le variazioni indotte differiscono in rapporto all'altitudine, al tempo di permanenza ed alla quota basale di partenza dei parametri ematici. L’ematocrito basale può elevarsi fino a 4 punti a circa 2300 metri sul livello del mare ed oltre 14 punti a circa 4500 metri. I fisiologici adattamenti, conseguenti al soggiorno in altura, si ripercuotono favorevolmente sulle prestazioni atletiche, poiché la produzione d'acido lattico durante un esercizio massimale tende progressivamente a ridursi. “ 

Allenamento e ambiente

Il corpo reagisce e si adatta a diversi tipi di stimoli: non soltanto a quelli che gli vengono dall’attività fisica prevista dall’allenamento, ma anche da quelli che gli giungono dall’ambiente. In questo caso si parla di acclimatamento.  

La composizione dell’aria

In quota l’aria è rarefatta, ossia contiene una minore quantità di ossigeno: sempre meno, a mano a mano che si sale. L’ossigeno è indispensabile al nostro corpo, il quale perciò deve procurarsene sempre la stessa quantità. La prima reazione alla diminuzione dell’ossigeno nell’aria è l’accelerazione della respirazione e dei battiti del cuore: respirando più in fretta, il corpo incamera più aria, e dunque più ossigeno; il cuore, poi, provvede a distribuire l’ossigeno nel corpo.

In alta quota, l’aria è ancora più rarefatta, e il corpo è costretto a reagire in maniera diversa. L’ossigeno viene trasportato attraverso il corpo dal sangue, o meglio da un gran numero di particelle presenti nel sangue: i globuli rossi. In altura, il corpo inizia a produrre un maggior numero di globuli rossi, in modo da poter trasportare più ossigeno. Questa modificazione avviene lentamente: i primi effetti si manifestano dopo alcune settimane di “acclimatamento” e l’adattamento è completo solo dopo alcuni mesi trascorsi in alta quota. Allo stesso modo, se una persona che è rimasta a lungo in alta montagna torna a quote più basse, per un certo periodo continua ad avere un respiro più profondo e un sangue con un’alta concentrazione di globuli rossi. Queste due caratteristiche sono molto preziose soprattutto per gli sportivi che praticano discipline di resistenza, come i fondisti, che hanno bisogno di molto ossigeno per produrre continuamente energia e sostenere così sforzi prolungati. Ecco perché molti di loro trascorrono lunghi periodi di allenamento in quota. 

 

 28/10/2006 - L’allenamento in altura di Tiziano Marzotti

 ….. L’utilità dell’allenamento in quota a riguardo delle discipline a prevalenza aerobica ormai è appurata, infatti durante la permanenza avvengono degli adattamenti ematologici che aumentano la capacità del trasporto di ossigeno ed un aumento di emoglobina, tutto questo porta ad un effetto eritropoietina naturale, dopo questo appunto scientifico passo alla parte pratica.
La giusta altitudine. Ritengo utile la quota intorno ai 2000 metri o perlomeno di poco inferiore (10%) per fare sì che vi siano dei benefici da parte dell’organismo, poi vi sono vari modi di interpretare l’altura:
• Allenarsi e soggiornare in altura, è il sistema più pratico adottato dalla maggior parte degli atleti.
Soggiornare a quote inferiori e svolgere gli allenamenti in altitudine, questo tipo di interpretazione dell’altura è idoneo a coloro che devono svolgere delle sedute specifiche nello spazio di pochi giorni per questo un soggiorno a bassa quota permette un recupero più veloce.
• Soggiornare in altura ed allenarsi a quote inferiori, questo tipo di interpretazione è indicata a coloro che per acclimatizzarsi devono usufruire di un periodo di tempo superiore alla norma e non intendono diminuire i carichi di lavoro che per varie cause deve avvenire nel periodo iniziale della permanenza in altura.
Durata della permanenza. Per ricavare dei benefici dall’esposizione all’ipossia (un’inferiore quantità di ossigeno nell’aria e perciò respirata) consiglio una permanenza minima in altura di almeno 15 giorni però sarebbe ottimale 3 settimane perché sembra che una permanenza di tale durata abbia un effetto più prolungato, al di sotto dei 10 giorni porta il solo beneficio di allenarsi a temperature più fresche e per chi prepara una maratona e deve fare del fondo lento correre con 10 gradi in meno non è cosa di poco conto.
Tempo di acclimatazione. Esso varia in base ad alcuni fattori che incidono nella durata del disagio fisico all’altura, tale periodo può durare 2/3 giorni (anche meno nei soggetti abituati a svolgere periodi di allenamento in quota) oppure può arrivare fino a 6/8 giorni in atleti che fanno la loro prima comparsa a simili altitudini.  

Che tipo di allenamenti svolgere. L’allenamento in quota deve essere a prevalenza aerobica specialmente nel periodo iniziale, in questa fase faccio svolgere due sedute giornaliere di 30/40’ (per accelerare il periodo di adattamento) e protraggo le sedute con esercizi di tecnica di corsa e allungamenti e solo dopo una perfetta acclimatazione si può effettuare sedute specifiche (medi, progressivi, ecc.) tenendo conto che in altura i tempi di recupero dopo sedute qualitative devono essere maggiori. Cercherò di essere più chiaro proponendo uno schema d’allenamento.
Periodo di acclimatazione Partire da 30/40’ per arrivare a 60’ ad andatura agile cercando di correre più elastici e reattivi possibile + ad una seduta (mattino) aggiungere 10’ di esercizi di elasticità e reattività + 10’ di allungamenti
Periodo di carico estensivo 60/90’di corsa a bassa intensità alternandolo ad un giorno ad intensità media, in questo periodo inserire 1 o 2 sedute (in base al tempo di permanenza) in salita continua di 30/40’ circa in questi giorni è utile effettuare una seduta di scarico di 20/30’ nel pomeriggio + 10’ di esercizi per la rapidità
Periodo di carico estensivo/intensivo 60/90’ da svolgere a bassa e media intensità, da effettuare in questo periodo allenamenti a velocità progressiva e variazioni sul ritmo (di 6/10’) senza tuttavia esprimersi in ritmi estremi che richiederebbero vari giorni per essere recuperati, anche in questo periodo eseguire esercizi per la rapidità e la tecnica di corsa. 

Quali sedute di allenamento effettuare, dopo la permanenza in quota. Al ritorno a quote basse è opportuno eseguire allenamenti che stimolino quelle capacità trascurate durante la permanenza in altura, allenamenti frazionati (ripetute),, fartlek corto ecc., ecc.
Serve un’alimentazione specifica? Se non volete lasciare nulla al caso dovete sapere che in altura deve essere tenuto alto o perlomeno non inferiore al consueto il consumo di carne coadiuvato dall’assunzione di vitamina C per facilitare l’assorbimento del ferro in maniera che possa far fronte all’aumento della produzione di emoglobina, inoltre consiglio di integrare liquidi in dosi superiore alla norma perché in altura essendoci meno umidità nell’aria vi è una richiesta maggiore di liquidi da parte dell’organismo OK per frutta e verdura in abbondanza oppure ripiegare nei classici ma sempre utili sali minerali.
t.marzotti@libero.it  


www.mtbbikers.it
 
“….Sarà capitato a tutti di andare in montagna, sopra i 2000 m., e, dopo aver assaporato la purezza dell'aria, avvertire quella sensazione di fatica che accompagna ogni nostro minimo movimento e che aumenta proporzionalmente con l'aumentare dell' altitudine. Il motivo di questo affaticamento è la minore pressione parziale dell'ossigeno; che attenzione, non vuoI dire che c'è meno aria, ma che l'ossigeno in un metro cubo d'aria risulta meno concentrato.Il training in altura è una metodologia d'allenamento che negli ultimi anni ha costituito un sistema d'incremento della prestazione per tutte le discipline sportive con forte componente aerobica, come l'atletica leggera, il ciclismo strada, il nuoto.

Perché l'altura 

E' bene precisare che questa ulteriore metodologia di allenamento deve essere impostata e proposta ad atleti evoluti o comunque che gareggiano già da alcuni anni. Lo scopo di eseguire l'altura è quello di offrire uno stimolo aggiuntivo al fine di potenziare il "motore aerobico" dell'atleta. 
Miglioramenti e adattamenti fisiologici 
L'altura nella preparazione di un atleta evoluto è considerata praticamente una metodologia ormai acquisita. Gli adattamenti che si determinano nell'organismo favoriscono il trasporto e l'utilizzo dell'ossigeno, a cominciare dall'au­mento dell'emoglobina e dal suo contenuto medio per globulo rosso, dall'aumento degli stessi globuli rossi e dall' aumento della concentrazione di eritropoietina. Le difficoltà e le reazioni fisiologiche evidenti nell' effettuare un allenamento in altura sono un aumento delle pulsazioni fin dalle basse intensità, e una diminuzione della velocità di deflessione associata ad una difficoltà a raggiungere le pulsazioni massime alle più alte intensità lavorative. Diminuisce di conseguenza anche la potenza aerobica, e il cuore fa fatica a lavorare a richieste di emergenza, e a frequenze cardiache più elevate. 

Quanto tempo deve durare l'altura 

Non si sa ancora bene quanto tempo bisogna soggiornare in alta quota. Le espe­rienze di molti atleti portano ad avvicinarsi ad una permanenza intorno alle 3 settimane, tempo limite per poter impostare un ciclo di allenamento completo; per atleti poco evoluti bastano 2 settimane. 

Quale altitudine
 
Generalmente l'altitudine utilizzata per ottenere stimoli validi in specialità di endurance varia tra i 2000-2200 m s.l.m. Una metodologia nuova, di allenamento in alta quota, che da alcuni anni si sta provando, è quella di soggiornare a 3000 m e oltre, e allenarsi a 2000 m. In questo modo l'atleta risente dei vantaggi fisiologici di un'altura elevata, senza patire le conseguenze di allenarsi a velocità troppo basse. Un altro vantaggio indotto da questa metodologia è quella di avere un minor impatto, una volta ridiscesi a livello del mare, ottenendo subito i benefici dell' alta quota.

Il training in altura 

Considerando un periodo di 3 settimane l'allenamento va diviso in 3 sottoperiodi o microcicli
1° fase di acclimatamento (4-5 gg.) 
2° fase di allenamento (14-15 gg.) 
3° fase di recupero (3 gg) 
Acclimatamento
 Questa fase dura circa 4-5 gg ed è il momento in cui bisogna impostare un allenamento che non dovrà mai essere pesante, ma solo di approccio, soprattut­to per quegli atleti che non hanno mai avuto precedentemente esperienze simi­li. E' opportuno, con biker che non hanno mai fatto esperienze di questo tipo, iniziare con una serie di uscite a bassa intensità, 20-25% sotto le pulsazioni di soglia anaerobica. E' consigliabile, per chi soffre particolarmente questa situazione, fare delle sedute alternative, camminate, escursioni blande, ginnastica, stretching. 

Allenamento 

E' la fase dell' allenamento propriamente detto dove il training aumenterà sensibilmente. Questa fase può essere suddivisa in due sottogruppi, il primo, di lavoro prevalentemente aerobico, e il secondo caratterizzato da un training più qualitativo, considerando sempre che i lavori qualitativi in altura vengono effettuati a velocità ed intensità più basse. Bisognerà quindi in certi training, come per esempio salite dure e lunghe, mantenere velocità basse, ma con frequenza cardiaca più alta. E' importante rispettare i tempi di pausa, che saranno più ampi soprattutto nei lavori che intaccano il meccanismo anaerobico lattacido. Si deve quindi fare molta attenzione a programmare un allenamento in alta quota, perché non è così ovvio che qualsiasi training effettuato debba produrre dei miglioramenti. E' bene quindi considerare che ogni stimolo crea delle risposte differenti per ogni atleta, e che queste risposte sono dei messaggi da interpretare e ai quali correlarsi, per poter impostare le successive sedute allenanti. E' importante, inoltre, dare grande spazio alle terapie di ripristino delle energie, con trattamenti fisioterapici, de-tensione muscolare, training autogeno, etc..

Recupero 

Dura all' incirca 3/4 giorni, e s'imposta riducendo in misura massiccia volume ed intensità del lavoro. Questa programmazione del lavoro, cioè con un recupero prima della discesa al livello del mare, permette all'atleta di riportare alcune condizioni fisiologiche a valori normali, recuperando le energie fisiche dopo un ciclo di lavoro doppiamente duro. Per un biker il momento più propizio per poter ottenere risultati di rilievo sembra essere dopo 3-4 settimane, dopo aver cioè "digerito" l'alta quota, e avere effettuato quei lavori di qualità che non è utile eseguire a 2000 m.  

Considerazioni generali   

Alcune considerazioni sono quelle che riguardano i prerequisiti per effettuare un training in altura. L'atleta deve essere in piena efficienza psicofisica, e dotato di un meccanismo aerobico già altamente produttivo. E' importante valutare le proprie richieste, o se siamo tecnici, considerare come l'atleta supererà la crisi di acclimatamento la cui durata è estremamente personale, e influenzata soprattutto dal fatto che l'atleta abbia precedentemente avuto esperienze simili. Mantenere una corretta alimentazione consente un maggior recupero. Risulta importante soprattutto la re-idratazione, dato che molti atleti perdono subito grossi quantitativi di acqua attraverso le vie aeree, a causa del fatto che in montagna, essendo l'aria più secca, si ottiene una maggiore dispersione di vapore acqueo. E' consigliata quindi l'assunzione di abbondanti quantità di frutta, come mele, pere, pesche, kiwi e uva, che oltre all'acqua reintegrano anche i sali organici.   

Allenamento specifico   
Prevedendo un soggiorno di 21 giorni, 3 settimane, si suddivide l'allenamento a seconda delle caratteristiche dell' atleta, ma soprattutto a seconda del fatto che abbia già avuto esperienze di allenamenti in alta quota. Risulta di notevole importanza valutare le sensazioni personali dell' atleta dopo ogni singola seduta di allenamento cercando di registrare quante più indicazioni possibili: frequenza cardiaca mattina e sera, numero di km effettuati e a che frequenza cardiaca, tempi di recupero dopo un training duro, esami del sangue prima e dopo il soggiorno, variazioni massa grassa e magra ogni 7 giorni etc. “


www.medicinadellosport.sm
 

SERVIZIO DI MEDICINA DELLO SPORT  REPUBBLICA DI SAN MARINO

PREGI E DIFETTI DELL’ALLENAMENTO IN ALTA QUOTA

BASSA QUOTA da 0 a 1800m s.l.m.
MEDIA QUOTA da 1800 a 3000m s.l.m.
ALTA QUOTA da 3000 a 5500m s.l.m.

FISIOPATOLOGIA:In altura si ha una diminuzione della pressione atmosferica a cui consegue una diminuzione della pressione parziale di ossigeno nell’aria (IPOSSIA)

Tale situazione determina:

In acuto (1h-1 giorno) degli AGGIUSTAMENTI come:
Aumento della ventilazione
Aumento della frequenza cardiaca
In seguito (1 settimana-1 mese)
Una acclimatazione con ADATTAMENTI quali:
Aumento numero globuli rossi
Aumento dell’emoglobina e della capillarizzazione muscolare
Aumento consumo di ossigeno a velocità submassimali
Aumento corredo enzimatico
Diminuzione del numero di mitocondri (in passato si credeva aumentassero!)
Aumentata produzione di Eritropoietina da parte del rene con aumento dell’ematocrito per compensare la ridotta saturazione di ossigeno
Diminuzione della soglia anaerobica
Perdita peso
Adattamenti ormonali
Tali modificazioni fisiologiche persistono una volta ritornati in pianura.

CARATTERISTICHE DELL’ALLENAMENTO IN ALTA QUOTA

PERIODO OTTIMALE: 3-4 settimane
QUALITA’ DEL LAVORO: Applicazione assoluta del principio di individualizzazione del carico.
Nella prima settimana carico basso per favorire l’adattamento alla quota:lavoro lungo-lento.
Nelle settimane successive aumento graduale del carico:lavoro lungo e medio ad intensità relativa poi lavoro medio e specifico con crescita progressiva dell’intensità.
RECUPERO: Il recupero è importante perché più lento in quota.
ALIMENTAZIONE: Alimentazione ricca di carboidrati e di proteine, per aiutare i processi anabolici. Un supporto supplementare di ferro può aiutare la formazione della emoglobina.
Sorvegliare il bilancio dei liquidi (con la quota si riduce la sensazione di sete). Bere dai 3 ai 5 litri di liquidi al giorno. Le bevande consigliate sono: tè, succhi di frutta, latte ed acqua minerale.
Evitare le bevande gassate.
AVVERTENZE: Prima della partenza per lo stage in altitudine atleti ed accompagnatori (allenatore e massaggiatore) dovranno sottoporsi a visita medica per verificare l’idoneità all’altitudine.
Curare eventuali carie prima della partenza.
Evitare di esporsi eccessivamente ai raggi solari.
Usare creme protettive con fattore protettivo superiore a 10.
Coprire il capo per evitare insolazioni.
Predisporre programmi adeguati ed interessanti per il tempo libero dagli allenamenti.
Sensibilizzare gli atleti alla bellezza ed alle caratteristiche naturali dell’ambiente montano, per combattere i fenomeni psichici che possono accompagnare un allenamento in altura.

Queste nozioni di fisiologia e allenamento, necessariamente presenti nel bagaglio tecnico di ogni allenatore, ci ricordano che le gare in altura necessitano di una preparazione scientifica, particolare e complessa che non lasci nulla al caso. “Adattamento” e  “Acclimatamento” sono condizioni imprescindibili per la prestazione sportiva e, ancor  più, in competizioni di alto livello. Infatti, molte nazionali hanno preparato i loro atleti rispettando i principi di ”adattamento” e “acclimatamento” in altura. Ad esempio, Russia e Francia si trovavano in Guatemala almeno quindici giorni prima per far fronte alle esigenze di un campo di gara situato a 1800m di altitudine. Non a caso queste 2 nazionali hanno qualificato nei maschi 6 atleti su 6 (Russia e Francia rispettivamente 3° e 4° nella gara a squadre) e nelle donne 3 su 5 (Francia, medaglia di bronzo nella staffetta). Al contrario, la  Nazionale Italiana non ha effettuato nessun allenamento in altura, partendo per il Guatemala appena 48 ore prima della gara, tralasciando ogni programmazione di “acclimatamento”. Questa metodica di allenamento, molto lacunosa sia nella preparazione che nella programmazione, è stata determinante nel conseguimento dei risultati molto deludenti ottenuti in questo Mondiale; tra uomini e donne solo un qualificato nella gara  individuale e risultati catastrofici nelle prove a squadra ed a staffetta che non rispecchiano il valore reale dei nostri atleti, vittime, a  mio avviso,  di una preparazione e di un avvicinamento alla gara completamente errato. Ad ulteriore dimostrazione sono state le grandi difficoltà incontrate durante la prova di corsa da parte delle nostre atlete assolutamente non preparate per sforzi così importanti in altura.

  •   Punti  3 – 4 – 5  

 

Mondiali 2006    World Cup Finals 2006
1  KRUNGOLCAS 21/01/1973 Lithuania 1  CAPALINI 30/01/1973  Czech Republic 
2  HORVATH  26/02/1978  Hungary  2  HORVATH  26/02/1978  Hungary
3  ZADNEPROVSKIS 31/08/1974  Lithuania 3  SHIKA Sandris 20/06/1975 Latvia
4  CAPALINI 30/01/1973  Czech Republic
Mondiali  2005 World Cup Finals  2005
1 ZHENHUA 01/09/1979 China 1  KRUNGOLCAS 21/01/1973 Lithuania
2 TURKIN 10/01/1979  Russian Fed  2  HORVATH  26/02/1978  Hungary
3  MOISEEV 03/06/1979 Russian Fed  3  WALTHER  13/03/1975  Germany
Mondiali  2004  World Cup Finals  2004
1 ZADNEPROVSKIS 31/08/1974 Lithuania 1  KRUNGOLCAS 21/01/1973 Lithuania 
2  LEE  09/05/1980  Korea  2 ZADNEPROVSKIS 31/08/1974 Lithuania 
3  CAPALINI  30/01/1973 Czech Rep 3 CAPALINI  30/01/1973 Czech Rep
Mondiali 2003 World Cup Finals 2003
1 WALTHER  13/03/1975  Germany  1 SABIRKHOUZINE 04/01/1978 Russian Fed
2 JOHANSSON 29/10/1974 Sweden 2 HORBACZ 16/06/1974 Poland
3  MICHALIK 12/07/1980 Czech Rep 3 KRUNGOLCAS 21/01/1973 Lithuania
Olimpiadi  2004 Olimpiadi 2000
1 MOISEEV 03/06/1979 Russian Fed 1 SVATKOVSKI 27/11/1971 Russian Fed
2 ZADNEPROVSKIS 31/08/1974  Lithuania 2 BALOGH 05/08/1976 Hungary
3 CAPALINI  30/01/1973 Czech Rep    3 DOVGAL 22/12/1975 Belarus

                                                                           

                                             

 

Da questi dati, indiscutibili, si evince che l’età compresa tra 28 e 33 anni rappresenta la fascia di età in cui gli atleti conquistano il numero maggiore di medaglie. Confrontando, infatti, i risultati delle ultime 2 edizioni Olimpiche, degli ultimi 4 Mondiali e Finali di Coppa del Mondo, sono state conquistate in questa fascia di età ben 7 medaglie d’oro, 7 d’argento e 6 di bronzo, per un totale di 20 medaglie.  
Nella fascia d’età compresa  tra 23 e 27 anni sono state conquistate 3 medaglie d’oro, 4 d’argento e 3  di bronzo per un totale di 10 medaglie. Se si confronta il numero delle medaglie tra le due fasce, il rapporto e di 2:1 a favore della fascia d’età maggiore; il rapporto diventa ancora più favorevole per questa fascia se si considera la qualità delle medaglie (7 medaglie d’oro contro 3).

Prendendo in esame gli atleti della nostra squadra maschile ai Mondiali possiamo osservare che:
De Luca 20 anniQuarto 21 anniPetroni 19 anni rappresentano i migliori atleti della categoria Junior. Ad oggi appartengono ancora alla categoria Junior e hanno partecipato solo due mesi fa alla prima gara internazionale della categoria Senior (Coppa del Mondo a Chianciano).  
Non  sono stati convocati gli atleti Pecci, Valentini, Benedetti, Simonetti.

Nicola Benedetti
, classe 1985, il giovane pentatleta che in questo ultimo anno ha dimostrato una grandissima forza anche in ambito internazionale nella categoria Senior non è stato convocato perché infortunato. E’ da sottolineare che l’infortunio al piede di cui è stato vittima si è aggravato a causa dell’ultima prova, la corsa (gara di Coppa del Mondo di Chianciano), a cui i tecnici non dovevano farlo partecipare in previsione dell’appuntamento della competizione Mondiale. L’atleta è stato così costretto ad un periodo di inattività con il risultato della esclusione per il Mondiale.

Pecci Stefano, Campione  italiano assoluto 2006, 4° alla  prova di Coppa del Mondo e 11° nella Finale di Chianciano  è l’atleta con il  miglior rendimento del 2° semestre del  2006. Anche se del 1979 è un atleta di consolidata esperienza e sta entrando nella fascia di età ottimale in cui il Pentatleta matura e può conseguire i migliori risultati della carriera sportiva. Inoltre è un Pentatleta su cui la Federazione ha investito molto; è da considerare un vero e proprio investimento da tutelare per il bene del Pentathlon italiano.
La sua esclusione lascia molto sorpresi.

Andrea Valentini
, classe dicembre 1977, ancora 28 anni. I risultati conseguiti da questo pentatleta in ambito nazionale (indiscusso n.1) ed internazionale, lo elevano ad oggi a miglior pentatleta italiano dall’inizio del 2000 e pentatleta di elite internazionale, tra i primi 10 del mondo. Fa parte di quella fascia di età in cui il pentatleta è nel pieno della sua esperienza e ad ogni gara può competere per una medaglia. 5° al Mondiale di Varsavia del 2005 non è presentato dalla Nazionale per il Mondiale del 2006.
Chi capisce di Pentathlon, sa con certezza che i suoi avversari stranieri, alla notizia della sua assenza, hanno sicuramente tirato un sospiro di sollievo.
La sua esclusione: ingiustificata.

Federico Simonetti,
classe 1977, ha compiuto da poche settimane 29 anni. Vincitore dell’ultima gara Nazionale disputatasi un mese fa, si dimostra tra gli atleti più forti d’Italia. E’ anche lui nell’età d’oro del Pentatleta ed in possesso di una discreta esperienza internazionale, e rappresenta indiscutibilmente un atleta di indiscusso  valore, ancora da sfruttare per il Pentathlon italiano.
Anche la sua esclusione lascia sorpresi.

Vorrei sottolineare che Valentini, Pecci e Simonetti, rappresentano oggi il meglio del pentathlon  moderno e con la loro forza ed esperienza acquisita rappresentano il patrimonio del pentathlon italiano e dovrebbero essere indiscutibilmente gli atleti su cui il pentathlon moderno italiano deve puntare per le competizioni internazionali. Adesso, che questi tre atleti stanno finalmente ricucendo quello strappo generazionale che si era creato con l’uscita di scena assai prematura della generazione precedente, col quale si era sovvertito il principio del passaggio naturale di esperienze dagli atleti maturi a quelli più giovani privati di questa importantissima  forma di apprendimento, non devono essere assolutamente messi da parte ma, al contrario, essere sfruttati per questa olimpiade imminente  e per la successiva del 2012.

Abbiamo anche un bel gruppo di giovani ma oggi troppo giovani ed inesperti per catapultarli nelle competizioni internazionali Senior di massimo livello come un Mondiale. Deve essere osservata la regola della progressione dell’esperienza, la sola via in grado di formare un atleta veramente maturo, forte, consapevole  dei suoi  mezzi e quindi sicuro di sé, condizione indispensabile per l’atleta vincente.

Saper gestire gli atleti significa rispettare i tempi, affiancare i giovani agli atleti di esperienza affinché possano apprendere ed essere consigliati da chi ha più esperienza. Saper gestire gli atleti significa non affrettare i tempi ma costruire e consolidare prestazioni che con il tempo possano arrivare al successo. Saper gestire gli atleti significa dare certezze e sicurezze agli atleti più forti affinché possano pensare solo a come migliorarsi senza l’assillo della precarietà. Saper gestire gli atleti è anche la capacità di fornire regole chiare e ben definite che possano fungere da incentivo per i giovani atleti promettenti e da stimolo per gli atleti già d’elite. 
 

  • Punto 6

Quindi, se da un lato bisogna fornire certezze agli atleti più forti, è necessario anche chiarire che la Nazionale maggiore non rimane un gruppo chiuso ma, al contrario aperto a chi dimostra meritatamente di poterne fare parte. Proporre un mondiale Senior ad un  gruppo così giovane e sottrarlo ad un gruppo oggettivamente più forte, esperto e consolidato è un errore non solo tecnico ma anche gestionale. Questo perché un Mondiale Senior non è assolutamente paragonabile ad una competizione Junior, anzi, come si è fatto si corre il rischio che questi giovani pentatleti vedano sgretolarsi in pochi attimi il lavoro di anni che ha portato al loro risultato più importante di sempre, il mondiale Junior a staffetta appena vinto. Sicurezza e autostima possono annientarsi in un solo colpo sotto le “bordate” dei campioni internazionali. Gli impegni di questi giovani e promettenti atleti devono essere programmati in modo tale da proporre gare alla loro portata,  come Meeting internazionali e competizioni minori affinché possano confrontarsi degnamente con gli atleti stranieri per trarne insegnamenti ed esperienze utili che consolideranno il loro bagaglio tecnico e la loro personalità atletica. Inoltre, arrivare a competere per una manifestazione come un Mondiale presuppone risultati e meriti che in tutta onestà questi giovani ancora non hanno; un Mondiale rappresenta una meta e, allo stesso tempo, un punto di partenza. Una meta perché arrivare a competere per un Mondiale deve essere il risultato di numerose esperienze precedenti in cui si sono conseguiti risultati rilevanti e comunque aver dimostrato di essere i migliori almeno in campo nazionale; un punto di partenza perché servirà come stimolo ed incentivo per migliorarsi e tendere ad un risultato migliore.
A mio avviso, Valentini, Pecci e Simonetti sono gli atleti che da qui alle Olimpiadi devono competere nelle gare internazionali, affiancati nella gare più importanti, alternativamente, dal giovane al momento più meritevole del gruppo di atleti promettenti.
Così facendo, si da la possibilità agli atleti più forti e di esperienza di lavorare in modo tranquillo e programmato, mentre gli atleti più giovani faranno esperienza e tesoro di quanto vissuto.
Al momento, questi 3 atleti rappresentano il presente ed il futuro del pentathlon italiano sia per i loro risultati che per la loro giovane età, da poco entrati in quella fascia di età dove le statistiche dimostrano chiaramente che è molto più probabile vincere una medaglia nelle competizioni più e prestigiose.
Mettere da parte atleti così importanti equivarrebbe ad un suicidio perché significherebbe dissipare un patrimonio che adesso potrebbe iniziare a dare risultati importanti. Significherebbe condannare anche i giovani atleti ad una crescita “rallentata” e lacunosa perché verrebbe a mancare lo stimolo trainante degli atleti di vertice  e verrebbe così disperso e non trasmesso tutto quel bagaglio tecnico e di esperienza da loro accumulato in tutti questi anni di sacrifici e dedizione.

                                                                                                           Gianni Caldarone